Polistrumentista, produttore / songwriter di livello (Lionel Richie, N-Sync, Ramones, Kiss, John Waite), autore di collaborazioni eccellenti (Little Steven) e membro di pregevoli bands (dopo gli esordi nei Plasmatics, anche Voodoo X e soprattutto Crown of Thorns): ecco i credits che fanno di Jean Beauvoir un artista a 360°.
Questo “Chamaleon”, che ha richiesto un anno intero per la scrittura e la registrazione ed è il suo terzo disco solista (dopo “Drums along the Mowhawk” e Jackknifed”, senza contare la raccolta “Rockin' in the street” e l’acustico “Bare to the bones”), si rivolge ai suoi fans più “open minded” e a tutti gli ascoltatori che apprezzano il pop / rock (più il primo che il secondo) e che non scappano di fronte ai suoni di derivazione funky & soul moderno.
Dimenticate quasi completamente le sonorità di chic hard rock dei Crown of Thorns e tuffatevi direttamente nel pop “sintetico” (vista l’abbondanza di strumenti elettronici e campionamenti vari, che caratterizza comunque tutto il platter) di “I wanna know”, guarda caso scritta in collaborazione con Lionel Richie (il quale sarà sicuramente un “grande” della musica, ma un po’ distante dai miei gusti personali … ricordate il tormentone di “All night long”? … proprio di lui si tratta) e nei ritmi calypso (?!?) di “Where the river runs deep” o immergetevi nella dance di "I don’t need ya" e nell’atmosfera seducente di “I want to lay here”, nelle quali la voce di Beauvoir si avvicina a quella di Prince (o come caspita ha deciso di farsi chiamare adesso).
Sono proprio le preziose corde vocali del nostro, la caratteristica migliore di questo dischetto, le cui virtù non sono mai messe in discussione (nemmeno negli episodi un po’ più stucchevoli e “leggerini”) e che emergono in maggior misura nelle occasioni più riuscite del disco, che per quanto mi riguarda sono la rockeggiante “Higher”, il flavour soul di “Addicted to us” (che mi ha ricordato le prestazioni più funky di Glenn Hughes, tanto per citare un riferimento molto conosciuto e un altro degli artisti che hanno usufruito del suo eccellente contributo) e i “lentoni” da vero “heart-breaker” “Teenager” e “Angel” dove il sound s’addolcisce e i contributi elettronici diventano meno invadenti, senza dimenticare la ritmata “Amazing”. Da menzionare anche la riproposizione di “Something to believe in”, composta da Beauvoir e Dee Dee Ramone per “Animal boy” (di cui era anche producer) e suo personale tributo agli amiconi Ramones. Sottolineando la buona resa della registrazione, della produzione e del mixaggio (e visto il curriculum di Beauvoir, avrebbe stupito il contrario) e ricordando la presenza alle backing vocals di una certa Myla, sulla quale confesso di non avere ulteriori informazioni e che il remix del primo singolo estratto è stato realizzato dal Jiggy Joint-team, noto per aver recentemente lavorato con Britney Spears (?!?) e Arrested Development, non mi resta, come già detto in precedenza, che consigliare questo disco a chi apprezza le sonorità mainstream, soft e levigate eseguite con professionalità e classe da un eccellente cantante, che però, in questo caso, esclude la componente “muscolare” dalla sua proposta musicale.
Io, personalmente, per consolarmi, torno ad ascoltare l’ottimo e più “energetico” “Lost cathedral” dei Crown of Thorns (ma anche “Karma” potrebbe essere utile allo scopo) o a rivedermi “School of rock” con il mitico Jack Black, nella cui soundtrack, tra gli altri brani leggendari, c’è anche “My brain is hanging upside down (Bonzo goes to Bitburg)”, anche questa scritta dal nostro Jean con i fratellini Ramone … Hey ho let’s go!!
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