Melodie orecchiabili, scale neoclassiche, vocals graffianti e soprattutto tanto, tanto metallo: questo il biglietto da visita dei Thunderstone, la band scandinava che più di ogni altra si è avvicinata negli ultimi anni allo stile e alle sonorità degli Stratovarius, dando alle stampe poco più di dodici mesi fa il secondo disco della sua giovane carriera, il discreto “The Burning”. La band di Nino Laurenne torna ad essere protagonista delle pagine di EUTK col nuovo “Tools of Destruction”, un album che ricalca in maniera marcata il percorso intrapreso col precedente disco. Anche in questo caso è una rocciosa mid-tempo ad aprire le danze (“Tool of the Devil”), scandita dalle vocals aggressive di Pasi Rantanen, tocca quindi alla canzone più Stratovarius-oriented di “Tools of Destruction”, la veloce ed orecchiabile “Without Wings”, canzone sicuramente godibile, ma un po' troppo scolastica e ruffiana. Decisamente più apprezzabile “Liquid of the Kings”, riffing tagliente ed un grande impatto sull'ascoltatore, un Rantanen ispiratissimo ed il classico chorus solare e melodico. Semplicemente irresistibile “I Will Come Again”, episodio tanto semplice (lo stesso Laurenne l'ha definita “praticamente una pop song”) quanto suadente, mentre “Welcome to the Real” si rivela un mezzo buco nell'acqua, noiosa e prevedibile. “The Last Song” risente di una scarsa elaborazione personale, un pezzo formalmente perfetto ma un po' troppo convenzionale, in grado comunque di fare la felicità degli ascoltatori meno esigenti. “Another Time” è la classica ballad che nasce su sonorità acustiche per crescere in vigore e solennità col passare dei minuti, mentre con “Feed the Fire” si torna su ritmi più veloci e potenti, senza riuscire però a cogliere davvero nel segno. Anche “Weight of the World” non segnerà la storia del Power Metal a causa della sua limitata originalità, ma proprio quando credi di aver sentito tutto quello che i Thunderstone possono offrire, arriva un pezzo bello ed originale come la conclusiva “Land of Innocence”, in cui la band scandinava dimostra di poter davvero dire qualcosa di importante in questo genere. E' davvero un peccato che il miglior momento di “Tools of Destruction” coincida con la fine del disco, un album che personalmente ho trovato meno interessante di quello che l'aveva preceduto. Siamo comunque su livelli decisamente buoni, ma le canzoni dei Thunderstone peccano ancora di una eccessiva convenzionalità.
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