Ecco dalla Svezia con furore i
Dreamland e il loro primo album. Prodotti da Andy LaRoque, nel loro debutto possono vantare anche il contributo di Joacim Cans ( vi dicono qualcosa gli Hammerfall?), che li ha anche scoperti: il risultato è un album di un power metal melodico dal suono pulito e curato.
Il brano “Breaking the chains”, nonostante il finale un po’ prevedibile, ha un bel sound, caratterizzato da una voce convincente, dalla bravura dei chitarristi che si lanciano in pezzi da solisti, da un batterista che detta un ritmo grintoso. Interessanti risultano esser pezzi come “Destiny” e “All for one”, anche se manchevoli di quella marcia e grinta necessari per rendere un album veramente indimenticabile.
Per la ballata, “Fade Away”, dall’incipit tutto all’insegna di chitarra, Joacim Lundberg, il vocals, stupisce per il tono caldo e suggestivo, supportato anche da una strepitosa interprete femminile. Questa è l’unica vera ballata presente in questo primo lavoro: infatti “Blank Mind”, altro brano che potrebbe aspirare a tale definizione finisce sul nascere , dura solo 1:14 e si sente come la vena creativa sia venuta meno, tesi supportata anche per la mancanza di originalità che lo caratterizza.
Altro brano gradevole è “Dreamland”, che segnalo specie per la presenza di assoli, utili a capire la bravura dei membri della band. Veramente inutile, superflua e inesistente “Repeating supremacy”: i Dreamland hanno messo lì qualcosa di insulso.
E’ bene trarre qualche conclusione: dal punto di vista tecnico e dell’esecuzione, possiamo definire questo lavoro riuscito, considerando che è la prima volta che la band si cimenta in un album. Molto interessante è il timbro vocale di Joacim Lundberg, capace di alternare ora la grinta ora l’acuto d’effetto, buona è l’estensione vocale ampiamente dimostrata. Ma bisogna esser sinceri: nessuna canzone ha quel sound da renderla memorabile, anzi è riscontrabile un livello mediocre che a tratti sfiora il prevedibile. Lo stile sembra sempre influenzato da canoni e dettami musicali convenzionali: ciò dimostra che questa giovane band non è ancora arrivata a un proprio modo di esprimersi.
Nonostante i dubbi che permangono non mi sento di troncare sul nascere nessuno, aspettando il prossimo album per avere un quadro più completo su questi artisti, rilancio ai lettori il gravoso compito di trarre le conclusioni.
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