I The Storyteller in “Underworld” sono arrivati a una tale maturità di espressione che consiglio questo album a tutti gli amanti del genere power metal, perché, anche se non spiccano di originalità, come del resto molte altre band, propongono delle belle sonorità, interpretate bene, cantate da un L-G Persson mai prima così convincete. Ma andiamo ad analizzare i vari brani, che compongono l’album.
L’opener “Changeling” è un mid tempo avvincente e dai bei cori, che conferiscono potenza e rendono il brano facilmente memorabile. E l’esser rimembrato non è forse cosa auspicabile per un pezzo?
Con l’”Eyes of the Dead” il ritmo si fa proprio incalzante, con le classiche accellerazioni nel perfetto stile power metal, il ritornello è incisivo e il vocals supera i toni medi, che caratterizzano la maggior parte dei brani. “The Fiddler” è una ballata da sonorità che vengono da lontano, da un tempo dimenticato. L’incipit del pezzo consiste in un superbo violino, che tornerà in più punti. Anche se un po’ articolata, la canzone convince e crea un’atmosfera malinconica.
“Watcher in the Deep” è una cavalcata dai cori epici, accattivante soprattutto per l’assolo di chitarra, bella variazione sul tema. Tra i più interessante dell’album risulta esser questo brano il cui ascolto non penso possa stancare. Ma, abbandonati i ritmi scatenati della cavalcata , gli Storyteller ci propongono “Your time has come”, suggestiva ballata dall’anima medievaleggiante.
Con “Beauty is the Beast”( titolo intrigante vero? Potrei fare discussioni filosofiche ma ve le risparmio) il riffing si fa grezzo e roccioso. Il vocals è quanto mai aggressivo. Sicuramente questa è una canzone fondamentale nell’economia dell’album.
Per quanto concerne “Underworld”, brano che dà il titolo all’intero album, è mediocre, non è da buttare, ma neanche degna di lode. “Magic Elements” sorprende perché il cantante usa una gamma di tonalità più ampia, anche se, a mio avviso, risente molto degli Helloween e quindi di un pilastro importante del genere.
“Shine On”è poco convincente. Per quanto concerne l’ultimo brano “Ace of Spades”, cover dei Motorhead, devo fare una confessione: preferisco l’originale, come spesso mi capita.
Ribadisco il concetto: potete ascoltare “Underworld”, perché è prodotto efficace e un buon lavoro, anche se ha una dicotomia interna. Infatti, la prima parte è sicuramente più curata e più incisiva rispetto a una seconda parte che procede proprio su linee troppo classicheggianti. Per correttezza del vero nulla di nuovo viene proposto, ma la band racconta bene le proprie storie, cosa sempre più difficile da trovare nel panorama musicale.
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