E da dove sono sbucati fuori questi Sweet Cheater? E’ francamente imbarazzante dover recensire un disco banale, scialbo e piatto come ‘Eatin’ Ain’t Cheatin’, realizzato nel 2002 e solamente ora balzato (ahimè) agli onori della cronaca. E’ imbarazzante dover ammettere di non essere riuscito a completare l’ascolto di tutte le dieci tracce, di aver provato una malcelata avversione osservando (con un misto tra disgusto e ilarità) le foto che ritraggono un gruppetto di ragazzotti statunitense divisi amabilmente tra acconciature in L.A. Style e t-shirt smanicate modello “bravi ragazzi della porta accanto”. Stendiamo infine un velo pietoso sui pezzi: ‘Summer’, ‘All Fired Up’ e ‘Money Tough’ sono quanto di peggio il genere glam abbia partorito in tutta la propria lunga e gloriosa storia.
Poison, Tuff, Pretty Boy Floyd, Roxx Gang e i Warrant dell’esordio vengono scopiazzati in lungo e in largo per tutti i 37 minuti di questo album con inconsistenti risultati alla luce di un songwriting elementare, squinternato, senza un minimo spiraglio di originalità.
Come non censurare un lentone melenso e insulso come ‘One Love’ oppure il tentativo di risultare “belli e dannati” con ‘Dancin’On My Grave’, davvero troppo per chiunque.
Il consiglio che diamo a questi cinque “desperados” a stelle e striscie è di lasciar perdere, concentrarsi su altre attività francamente più edificanti (per loro) e meno irritanti (per noi).
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