Era il 1990 quando i Celtic Frost pubblicarono Vanity/Nemesis, album che fino ad oggi è stato l’ultimo capitolo discografico di una tra le band più geniali, ed in assoluto influenti, che il metal abbia mai conosciuto.
A distanza di 16 anni, i Frost tornano sotto Century Media con una formazione che schiera il nocciolo storico del gruppo formato da Thomas Gabriel Fischer (voce/chitarra) e Martin Eric Ain (basso) a cui si sono aggiunti Franco Sesa (batteria) ed Erol Unala (chitarra), che ha già collaborato con Fischer negli "Apollyon Sun".
Visti gli anni trascorsi dall’uscita di Vanity e considerato l’estro artistico del gruppo, era impossibile serbare una qualsiasi aspettativa verso il loro ritorno. Tuttavia la presenza del logo storico sulla copertina rievoca un ritorno al passato che seppur limitatamente si concretizza. Monotheist, infatti, si aggancia molto bene ai primi tre capitoli discografici degli svizzeri, presentando una fusione tra il suono dei suddetti dischi (che risalta nell'apertura di Progeny) e un'atmosfera che, a seconda dei casi, varia dal doom (elemento dominante) all'ambient (elemento minoritario).
L'alchimia è ottenuta mediante suoni di chitarra bassi e piuttosto grezzi, a cui si uniscono ritmiche di basso statiche e rimbombanti. La batteria è spesso relegata in posizione secondaria, salvo venire fuori nei momenti in cui la composizione si fa più cattiva.
Molto buono l'uso dei sintetizzatori, che intervallando ripetutamente gli strumenti classici all'interno dei brani, amplificano in misura consistente le sensazioni che la musica evoca nell’ascoltatore.
Su questa base si inseriscono ottimamente le linee vocali contribuendo a rendere ancora più oscuri i pezzi, grazie anche ad alcuni contrasti e sovrapposizioni ben studiate tra la voce di Warrior e quella di Martin e dei numerosi guest presenti sul disco.
In virtù di quanto scritto fin'ora, vale la pena spendere due parole sulla produzione e il mixaggio curati da Peter Tägtgren (con la supervisione del gruppo) e realizzati agli Horus Sound Studio di Hannover in Germania.
Quanto si ascolta in Monotheist, infatti, è una delle migliori prove che il leader degli Hypocrisy abbia fornito in sede produttiva. Capitata raramente di trovarsi davanti a suoni così calzanti alle composizioni, che non ne snaturano l’essenza, ma anzi ne elevano esponenzialmente il valore, invogliando all’ascolto ripetuto del disco tante sono le sfumature che al primo impatto non vengono percepite dall’orecchio come in realtà meritano.
A coronamento di un lavoro così ben curato segnalo l’ottima realizzazione dell’artwork, che risulta estremamente calzante a ciò che il disco vuol comunicare, in particolare nel digipack che si fregia anche della presenza di "Temple of Depression", brano inserito specificamente in questa edizione, mentre alla stampa in vinile è riservata "Incantation Against You". Entrambi i pezzi non sono disponibili nella versione “comune” del disco.
Concludendo, Monotheist è un grandissimo ritorno, che porta avanti la tradizione innovativa dei Celtic Frost nel miglior modo possibile. L'unica punto debole che può avere questo lavoro è una certa
meteoropatia, in quando un album simile non si apprezza se ascoltato in una giornata di cocente sole estivo, ma ha bisogno di adeguate atmosfere per esprimere al meglio il proprio potenziale.
In ogni caso e quanto mai giusto affermare che...
the emperor's return!
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