Il 16 agosto 2006 Jon Nödtveidt viene ritrovato privo di vita all’interno del proprio appartamento. Il cammino dell’artista svedese si conclude a 31 anni con un colpo di pistola alla nuca e con esso cala definitivamente il sipario sui Dissection, che avevano decretato l’abbandono delle scene già nel corso dell’estate, durante il tour che ha portato la band a calcare i palchi di alcuni festival nord europei.
Tralasciando qualsiasi tipo di considerazione sulla filosofia di vita, e le conseguenti azioni che il leader del gruppo ha fatto proprie, è innegabile che i Dissection siano stati una delle formazioni più talentuose all’interno della scena metal estrema.
Con soli due album, “The Somberlain” (1993) e “Storm of the Light's Bane” (1997), si guadagnarono di diritto un posto nell’olimpo dei grandi. L’incarcerazione di Nödtveidt per omicidio interruppe bruscamente la loro carriera che rinacque solo due anni or sono, quando Jon si ripresentò al mondo dopo 7 anni trascorsi in carcere.
Nel breve lasso di tempo in cui i Dissection sono tornati alla vita hanno dato alle stampe il proprio testamento artistico, Reinkaos, che fin dalla prima nota si presenta come un disco marcatamente differente rispetto a quanto il gruppo aveva partorito nella prima fase della propria carriera.
Infatti, se in "Somberlain" e "Storm" si ascolta una sapiente alchimia (sia esecutiva che atmosferica) di death e black metal, nell’ultimo lavoro la re-interpretazione del concetto di death melodico operata dal gruppo, lascia di stucco e sulle prime anche un po’ interdetti.
In Reinkaos, la band fa proprio il sound che va per la maggiore tra le formazioni scandinave, ma lo arricchisce e personalizza con una marcata componente hard/heavy, ottenendo un risultato decisamente apprezzabile, soprattutto quando si supera l’iniziale blocco dato dal vedere il nome Dissection campeggiare su di un disco che suona a questa maniera.
La contaminazione classica si fa sentire fin da subito, in particolare per quanto concerne le chitarre, che intonano riff e assoli di stampo meno estremo rispetto al passato mantenendo, comunque, un buon livello di coinvolgimento in chi ascolta.
La batteria si rende artefice di un ottimo contrasto alle sei corde, con sfuriate di gran cassa convincenti e la tenuta di tempi di cassa/rullante sostenuti che rimandano alla radice estrema della formazione. Sempre restando in tema percussioni, è da rimarcare il ruolo dei piatti molto presenti e godibili, in particolare il
china, di frequente chiamato in prima linea.
È diversa dal passato anche l’impostazione vocale assunta da Jon, che incatena lo screaming in favore di tonalità più cupe.
Nei 40 minuti in cui si dipana Reinkaos i momenti migliori sono rappresentati dalle prime tre tracce, a cui si aggiungono “Dark Mother Divine” brano tutto sommato derivativo ma convincente, “God Of Forbidden Light”, la strumentale “Reinkaos” e il pezzo di chiusura “Maha Kali” dove si fa apprezzare l’inserimento della voce femminile.
Buona la produzione, che non sfora eccessivamente nelle patinature odierne, e può farsi apprezzare anche da chi ama quei suoni che nel metal estremo sono scomparsi da almeno 10 anni.
Giunti alla fine dell’album il bilancio che si stila è positivo. "Reinkaos", pur non avendo l’emozionalità e l’atmosfera che hanno caratterizzato i Dissection degli anni ’90, presenta la dose d’ispirazione e classe necessaria per farsi apprezzare senza sfigurare rispetto ad un passato che, comunque, resta di valore nettamente superiore.
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