Quando le emozioni diventano canzoni.
Mi rendo conto che si tratta di una definizione ben poco originale e anche un po’ ampollosa, ma è l’unica che ritengo davvero adatta per illustrare la nuova uscita discografica dell’incredibile duo Wetton / Downes, denominata “Icon II – Rubicon”.
Dieci brani semplicemente splendidi per forza emotiva, intensità interpretativa e toccante lirismo, e dove i nostri danno il meglio di loro stessi, coadiuvati, come ormai di consueto, dalla sensibilità e dal gusto esecutivo d’eccellenti musici che si chiamano Steve Christey e John Mitchell, con il contributo del magico violoncello di Hugh McDowell.
Se poi la voce straordinariamente evocativa di John Wetton, uno dei miei personali “eroi” di tutti i tempi, viene affiancata da quella altrettanto passionale di Anneke Van Giersbergen dei The Gathering, una delle cantanti maggiormente espressive dell’intero panorama rock internazionale, diventa veramente arduo immaginare cosa si possa chiedere di più ad un pezzo di plastica ed alluminio.
Le raffinate e leggiadre “To catch a thief” e “Tears of joy”, impreziosite da tal avvincente duetto vocale, sono in ogni caso “solamente” due dei momenti maggiormente emozionanti di questo disco, che sa anche ammaliare con un coefficiente d’impatto superiore, grazie a tracce incredibilmente traenti come “The die is cast” e “Finger on the trigger”, mirabile summa dell’arte di John Wetton e Geoffrey Downes nel confezionare situazioni armoniche immediatamente assimilabili ma non per questo povere di spessore artistico e, nonostante l’effetto finale, tutt’altro che “facili” da realizzare. A chiunque, poi, dovesse rimanere impassibile di fronte alla solenne delicatezza di “Reflections (of my life)”, consiglierei una visita da un bravo specialista, per un check-up sull’efficienza del proprio sistema cardiaco, mentre l’andamento da vivace ballata celtica di “Shannon” sembra quasi spezzare l’incanto della terna che la precede, così intima ed introspettiva, ma conquista immediatamente per merito di quello spirito prog innestato sul fusto rigoglioso del rock radiofonico (vera specialità della casa) che ritroviamo nuovamente in una “Whirlpool” dalla linea melodica praticamente irresistibile e nella fenomenale “Rubicon”, un’esperienza sensoriale da conservare nella memoria.
All’appello mancano “The hanging tree” e “The glory of winning”, ancora una volta spettacolari ostentazioni di pathos orchestrale condotte dall’ugola calda e avvolgente di un Wetton in smaglianti condizioni di forma.
Difficile trovare altre parole da aggiungere a questa disamina, se non confermare la “retorica” per me assolutamente significativa della dichiarazione iniziale e consigliare questo Cd a tutti quelli che nella musica, oltre ai suoi aspetti formali, cercano anche l’anima.
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