Un vento gelido si innalza dal Sud della nostra penisola: diamo il benvenuto ai Violet Tears, band made in Bari al loro primo full-length firmato Fossil Dungeon.
L’atmosfera rarefatta, quella malinconia che pervade il cuore in una fresca giornata d’autunno vibra tra le note di “Into the Troath of the Unbounded” ed, inarrestabile, pervade tutte le tracce di “Cold Memories and Remains”. L’impostazione lirica del cantato non fa altro che accentuare questo senso di velato smarrimento che si percepisce ascoltando l’album dei Violet Tears, avvalorato da un impianto strumentale completamente dedicato alla creazione di questo ritratto dai tratti smaccatamente neoclassici. Gli arpeggi delle chitarre, caratterizzati da un uso massivo, ma accorto di delay, un pizzico di psichedelica, i rintocchi caldi e misurati della batteria ricorrono trasversalmente in tutte le tracce della produzione del combo barese, sfociando in un sound dalle cupe tinte dark e gothic.
Le liriche sono contenute e calmierate, ma non mancano di dare il giusto risalto alla voce avvolgente e melodiosa di Carmen De Rosas, il cui timbro richiama alla mente capolavori quali “Sacrifice” della divina Lisa Gerrad.
Un lavoro interessante e coinvolgente, che pecca però a tratti di ripetitività e monotonia sia nell’andamento dei brani che nell’impianto generale delle lyrics.
Crepuscolarismo musicale e decadentismo sonoro: ecco cosa sono i Violet Tears.
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