Copertina 7

Info

Genere:Heavy Metal
Anno di uscita:2007
Durata:44 min.
Etichetta:Scarlet
Distribuzione:Audioglobe

Tracklist

  1. CRAWL - THE SERMONS AND DREAMS OF JOHN DUNCAN THUNSTALL
  2. BEST TRIP
  3. THE ISLAND OF ST. MENEE (BEACH OF THE LIVING DEAD)
  4. CONVERT INTO
  5. MIGRATING
  6. AVERT YOUR EYES

Line up

  • Lars Calberg: vocals
  • Tomas Eriksson: guitar
  • Fredrik Johansson: guitar
  • Rickard Larson: bass
  • Erik Wennerholm: drums

Voto medio utenti

La proposta dei debuttanti svedesi Bokor si può definire di genere progressivo, inteso in senso ampio come il filone che ha interessato oltre tre decenni di musica rock e metal con svariate forme d'interpretazione.
Il gruppo si è formato recentemente ma i componenti sono musicisti maturi ed esperti, in passato già protagonisti con altre formazioni della scena scandinava. Bastano infatti pochi minuti d'ascolto per verificare l'ottima preparazione del quintetto, alle prese con uno stile molto articolato che richiede a tutti i membri del gruppo una partecipazione strumentale piuttosto intensa.
Sei lunghi brani che si snodano nell'alternanza di fasi potenti e rilassamenti atmosferici, così come accade per la parte vocale che spazia dalle urla disturbanti alle dolcezze malinconiche, mentre l'atmosfera tende ad essere sempre ombrosa ed assorta per adattarsi alle tematiche introspettive del gruppo. Ci sono gli schemi complessi caratteristici del prog, ma i Bokor non cedono alla tentazione dell'eccesso tecnicista e le canzoni risultano scorrevoli e per nulla tediose, anzi dotate di una certa raffinatezza adulta.
Però non si può ignorare le influenze molto marcate e riconoscibili che emergono dal disco, tanto da far sospettare che gli svedesi, grandi appassionati di questo genere musicale, abbiano evitato le note difficoltà di proporre intuizioni nuove ed originali andando proprio nella direzione opposta.
Un'attenta scrematura di tutte le correnti, prelevando spunti tanto dal lontano passato rock quanto dall'attualità metal. Notiamo infatti la presenza di stralci rabbiosi e violenti sicuramente contemporanei mischiati ad interpretazioni più ariose e quasi romantiche cariche di echi seventies, con l'aggiunta di varie gradazioni intermedie. I Bokor devono aver deciso di frullare l'eterogeneo materiale, fidando solo nella loro abilità e nella buona sorte. L'evidenza che non sia venuto fuori un pastrocchio indigeribile, è già secondo me una grande impresa. Se poi aggiungiamo che il sound non mostra particolari sfilacciamenti, si mostra compatto, solido, logico e nell'insieme anche fascinoso, praticamente siamo davanti ad un miracolo musicale.
L'elemento primario del Bokor-sound è una sorta di dark-prog metallico, un'altalena di strappi nevrotici ed atmosfere crepuscolari che nasce dall'intreccio di Tool, Opeth, Neurosis, ecc, con le eruzioni più violente che portano chiaramente il timbro dei Mastodon e dei loro figliocci Kylesa. Partendo da questa base il gruppo ha lavorato sui particolari, rendendo riconoscibili i singoli episodi. Ad esempio utilizzando i toni diafani e malinconici del rock seventies ("Best trip"), vocals urticanti e ritmiche industriali ("Convert into"), oppure sottili richiami alla più recente scuola americana neo-doom ("The Island of St.Menee"). Il compendio più esaustivo di questa specie di collage prog si trova nel monumentale quarto d'ora di "Migrating", nel quale si coglie perfettamente la filosofia musicale della band spaziando tra amare melodie post-rock, solismi cristallini e sfuriate heavy intimidatorie.
E' opportuno chiarire che gli svedesi non si sono limitati a dare un nome al gruppo ed un titolo all'album, sfruttando le idee altrui per tutto il resto. I Bokor hanno contribuito con una grande sensibilità verso la materia, il buon livello tecnico, la personalità matura e colta, infine e soprattutto con il perfetto equilibrio di tutte le componenti utilizzate. Il disco è così equidistante dai suoi modelli di riferimento, che i cinque nordici possono onestamente dichiarare di essere fans dei principali nomi del settore, ma di non essersi ispirati a nessuno in particolare. Ed è la pura verità, casomai un po' a tutti in generale.
In sostanza questo "Anomia" è un bel mix di bravura e furbizia, che punta ad una vasta tipologia di appassionati. Ci sono gli arabeschi strumentali per gli amanti del genere Dream Theatre, il tiro muscolare per i fans dei Mastodon, le vibrazioni aspre e nervose per i seguaci della scuola Neurosis, anche un feeling accettabile per i nostalgici del prog settantiano. Può quindi piacere all'intero popolo progressivo, ma per le stesse ragioni rischia di scontentare tutti quanti. Vedremo più avanti come sarà accolto l'album, comunque se in futuro i Bokor avranno il coraggio di staccarsi maggiormente dai loro numi tutelari, diventeranno un nome influente in questa scena.

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