Nato con il monicker Ancient Oak (con il quale ha dato alle stampe l’omonimo albo del 1997, distribuito dalla Black Widow), quest’intrigante collettivo siciliano aggiunge il suffisso Consort alla propria denominazione allo scopo d’indicare una sorta di “progetto aperto” alle collaborazioni esterne (analogamente alle strutture dell’ensamble medievale) e torna con questo “The acoustic resonance of soul”, patrocinato dalla Lizard.
Come suggerisce il titolo stesso, il disco è un viaggio esclusivamente acustico alla ricerca dell’anima, un percorso fatto di contraddizioni, conferme e illusioni, in quell’alternarsi di sensazioni che ora sembrano avvalorarne l’esistenza, per poi subito dopo veder dissipare tale apparente certezza, lasciando un forte senso di smarrimento e dubbio nell’essere umano, che vorrebbe invece solamente essere rassicurato nelle sue ancestrali insicurezze esistenziali.
Un tema così intimo e introspettivo, non poteva essere affrontato con un approccio di tipo “elettrico”, da cui la scelta del principale mastermind degli Ancient Oak Consort, Andrea Vaccarella, di affidarsi unicamente a strumenti acustici, per un lavoro che, pur non esattamente “facile”, mi ha conquistato immediatamente grazie alla sua leggiadra atmosfera che evoca un retaggio folk-progressive di marca seventies, immerso il un lieve clima “rinascimentale”, capace di scalare senza mai arrestarsi le libere vette della poesia e dell’immaginazione.
Oltre al già citato Andrea sono molti gli straordinari musici a contribuire a tale carme in note, a partire dalla cantante Simona Minniti, un’autentica reincarnazione delle leggendarie sirene, tanto è maliosa la sua voce, passando per le percussioni di Bruno Rubino, noto per la sua opera nei Fiaba (altro formidabile prodotto musicale della Trinacria), ai quali i nostri si avvicinano, se non altro dal punto di vista “vocazionale”, arrivando al suggestivo pianoforte di Roberto Gianni, ma davvero tutti meritano una “menzione d’onore”, per la qualità e la forza espressiva del loro apporto.
Un’altra band con cui gli Ancient Oak Consort manifestano talune affinità è quella dei Dunwich, una gemma sfolgorante anch’essa partorita dal nostro Belpaese, non riconosciuta completamente per il suo reale valore, a quanto pare quasi pronta ad un ritorno che attendo con una certa ansia.
Tornando all’oggetto di questa disamina, “The acoustic resonance of soul”, viene assimilato dai sensi come uno sfaccettato, armonioso, arcano e spesso imprevedibile affresco strumentale, sul quale le pennellate vocali della già citata Minniti aggiungono colori sospesi nel tempo, ardenti e sinuosi, che catturano lo “sguardo” e, come in un favoloso incantesimo, ne rendono molto arduo ogni tentativo d’affrancazione.
I quindici episodi dell’album potrebbero essere citati tutti, da “Three skeletons”, a “Metamorphosis”, a “History of love lost in ice”, ma il tenore di coinvolgimento e tensione che instillano nell’ascoltatore che decida di scorrerli uno dopo l’altro nella loro totalità, è tale da esigere un ascolto partecipe e completo, come in un flusso d’incanto emozionale che non ammette interruzioni.
E’ probabile che gli Ancient Oak Consort continueranno ad essere una “cult-band” e non sono in grado di assegnare un nome inconfutabile a ciò che, con la loro arte, riescono a toccare nel profondo dell’individuo … quello che è certo è che l’affidarsi senza remore a “The acoustic resonance of soul” fa un gran bene, magari proprio a “quell’anima” tanto bramata.
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