Copertina 7

Info

Anno di uscita:2007
Durata:35 min.
Etichetta:Autoprodotto

Tracklist

  1. UPSIDE DOWN
  2. BLACK AND WHITE
  3. ON SOLE RIGHT
  4. SAME GAME
  5. SEVEN
  6. HERE COMES THE RAIN
  7. LOVE IN THE SKY
  8. CHAIN
  9. CALL DOWN THE MOON

Line up

  • Alberto Pianon: vocals
  • Davide Zamunaro: guitar
  • Pierluigi Luisi: bass
  • Alessandro Sbalchiero: drums

Voto medio utenti

Ambizione e coraggio non mancano a questi ragazzi vicentini, dacché il titolo del loro primo full-length (dopo il “demo v1.0” del 2005), “Not the same soup”, diventa (anche se con un pizzico di salutare ironia) una vera e propria dichiarazione d’intenti che si prefigge di “…trovare qualcosa di veramente nuovo, magari usando gli stessi ingredienti ma in combinazioni e dosi inconsuete, per ottenere un sapore diverso e originale …”.
Del resto se non sono i gruppi “gggiovani” a cercare di apportare un briciolo di nuova linfa vitale al carrozzone del rock da chi altri dovremmo aspettarla?
Diciamo subito che l’operazione “rinnovamento” attuato dai Croxing funziona abbastanza bene, anche se sinceramente da chi si autodefinisce (nel press-kit accluso al Cd) una formazione di metal-prog-alternativo, per quanto valgono queste etichette e pure tenendo conto del punto interrogativo che segue tale denominazione, mi sarei aspettato qualcosa di decisamente più “sovversivo”.
In realtà siamo di fronte ad una band piuttosto preparata ed intelligente che piuttosto che destrutturare violentemente i generi da cui trae ispirazione, preferisce una sorta di manovra “dall’interno”, in cui la solida base hard rock anni ’70, sempre piuttosto presente, si contamina ora con sfumature prog, ora con strutture di natura funky, ora con durezze metalliche, senza perdere comunque mai di vista l’effetto “immediatezza” delle componenti melodiche.
La stessa voce di Alberto Pianon sembra andare a scovare tonalità generalmente poco sfruttate e pur senza risultare troppo “destabilizzante”, appare personale e carismatica, anche se, forse, (il falsetto di “Black and white” da perfezionare o certi sporadici “tentennamenti”, ad esempio) non ancora completamente matura.
L’apertura, affidata a “Upside down”, un hard piuttosto fisico e cadenzato contrappuntato da un basso pulsante e da una godibile linea armonica, mostra subito le buone qualità complessive del gruppo, mentre più estrosa ma leggermente meno efficace appare “Black and white”, che manifesta un potenziale di grande consistenza e in parte, per ora, inespresso.
“On sole right” è, invece, nuovamente un pezzo egregio, contrassegnato da un’atmosfera iniziale di taglio vagamente SOAD, da una volubile performance vocale e da un bel finale che profuma di aromi psichedelici.
Molto piacevole anche la successiva “Same game”, che alterna umori differenti, tra il caliginoso, il “cattivo” e le aperture maggiormente “rilassate”, con un break in cui si mettono in evidenza sia il basso di Pierluigi Luisi, sia la sensibilità chitarristica di Davide Zamunaro.
Arriviamo, dunque, a “Seven”, a mio modo di vedere il vero “best in class” del disco: il fulcro del brano è sempre radicato nel rock duro dei seventies e il tutto viene risolto dal punto di vista musicale e canoro con una prova corale davvero eccellente, per intensità espressiva e capacità di coinvolgimento.
Il clima acustico e suggestivo di “Here comes the rain” consente ai Croxing di mostrare il loro lato “soft” e devo dire che il risultato e abbastanza convincente, così come non è male nemmeno “Love in the sky”, impregnato d’ardore funk, screziato di metal e discretamente originale nel suo svolgimento.
Rimangono “Chain”, una piccola delizia nella quale si dà libero sfogo all’anima “metallica” della band con rilevante distinzione e “Call down the moon”, un breve e arcano motivo che suggella un lavoretto piuttosto interessante.
Tornando alle parole dei Croxing “… Talvolta l’unico modo per trovare è quello di non cercare affatto. Isn’t the same soup? Questo lo dovete dire voi, dopo averla mangiata fino al fondo del piatto ...”, posso dire di aver assaporato attentamente questa “zuppa” e d’averla trovata, tutto sommato, assai gradevole al palato. Non sarete ancora degli “Chef d’Haute Cuisine”, ma il Vostro modo di cucinare le note e accostare i gusti non mi è affatto dispiaciuto. Speriamo che la prossima volta abbiate la possibilità di utilizzare degli “attrezzi” veramente professionali (vedasi la registrazione, evidentemente assai “casalinga”, benché ampiamente sufficiente, visti i presupposti) e che essa non si lasci attendere troppo … la Vostra è un tipo di “arte culinaria” che una volta assaggiata, stimola sicuramente a volerne di più.
Recensione a cura di Marco Aimasso

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