Vengono dalla Francia e suonano un death metal perennemente a cavallo tra thrash e elementi brutaleggianti i DSK, che con "Oppressed/Deformed" tagliano il traguardo del quarto album in studio.
Innanzitutto un punto a sfavore del disco è dato dalla resa sonora, piuttosto approssimativa e di qualità non all'altezza della situazione, anche perchè da una band che ha all'attivo già tre full length ci si aspetterebbe perlomeno il minimo sindacale. Il che non aiuta di certo a sollevare dei pezzi che già in partenza non sono proprio il massimo: la base su cui poggiano le dieci tracce di "Oppressed/Deformed" è fortemente thrash metal, diciamo quello di scuola più moderna anni '90, sia per quanto riguarda il lavoro alla chitarra che quello alla batteria, che spesso sfrutta il famoso "tu-pa tu-pa" durante le strofe, altrenato a blast beats decisamente furiosi. Spesso nei bridge e nei ritornelli i DSK rallentano, con breakdown o parti comunque più quadrate e meno votate all'estremismo, andando a spezzare l'andamento già di per sè troppo monocorde dell'album. Di fatto, questo è il grosso problema di questi cinque francesini, ossia il fatto di non riuscire a comporre un pezzo che abbia la carte in regola per colpire chi ascolta, di non possedere qualcosa al di là della ferocia e della brutalità esecutiva che faccia dire "Ah però, figo sto pezzo!". Il modus componendi è sempre il medesimo, e la naturale e logica conseguenza è che tutti i pezzi suonino un po' troppo simili tra di loro, che, dato il genere ci può anche stare, ma nel caso specifico dei DSK è paragonabile a una martellata sui c...alli dei piedi. Lodevole invece la scelta della band di inserire come contenuti multimediali due video dal vivo, tra l'altro di buona qualità video e audio, e ancora più encomiabile è l'aver optato per una copertina sobria ed aver evitato la marea di pacchianate a cui spesso i gruppi che appartengono al filone ci hanno abituati. Per il resto, nulla mi da modo di dare anche solo la sufficienza a questo "Oppressed/Deformed", un disco tutt'altro che indispensabile, e che anzi non consiglierei nemmeno ai fan più intransigenti e die-hard del brutal death.
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