Precisiamo innanzi tutto un fatto fondamentale: i veronesi Lavoirlinge non fanno nulla di rivoluzionario.
Niente che non sia già stato detto da Deep Purple, Led Zeppelin, Grand Funk Railroad, Black Sabbath, Allman Brothers, Motörhead e Free, eppure c’è una piccola cosa che li rende straordinariamente credibili, che non si può fingere di possedere, che si ha o non si ha. Cos’è? Beh, si chiama “attitudine” e lo so che se ne fa spesso un gran parlare, talvolta pure abusando del suo significato, ma in questo settore, non mi stancherò mai di ripeterlo (qualcuno diceva “reperita iuvant”, speriamo sia vero!) è Lei l’autentico ago della bilancia, l’aspetto che fa davvero la differenza.
Ebbene, i Lavoirlinge di questa “cosetta” ne hanno un bel po’ e va da sé che qualunque obiezione, pur sensata, sul loro approccio apertamente “revivalistico”, non sminuisce affatto il loro considerevole valore.
Certo deve piacervi l’hard rock settantiano, il blues, il southern, le allusioni funky, tutti elementi basilari di “Short-leg dogs” (follow-up del piuttosto fortunato “Rumbling machine”, del 2004), che i nostri manipolano con tocco felice e ispirazione freschissima, dando vita a canzoni costantemente vibranti ed emozionanti.
Se, poi, quelle appena elencate sono annoverabili tra le Vostre passioni e rimanete lo stesso impassibili di fronte all’ardore di “Sweetmeats killers”, alle tinte porpora di “Short-leg dog boogie”, alle irresistibili cadenze di “Revolution station”, al tocco “sudista” e alle percussioni di “Belly dancer” o ancora al pathos tangibile di “All I got to do is let you move”, mi sa tanto che avete bisogno di un bel check-up coronarico-uditivo.
A quelli a cui invece, com’è accaduto al sottoscritto, si è “mosso” qualcosa nell’anima e hanno compreso immediatamente quanta forza espressiva e “cultura” ci sia in queste “semplici” note, non resta che proseguire nell’ascolto e così imbattersi in una fremente “Heartbreaker” (splendido l’organo dell’ospite Bruno Marini, già apprezzato in “Short-leg dog boogie”), sentita rilettura del gruppo più “libero” del blues elettrico, per passare alle ruvide seduzioni di “Black mud”, alle digressioni jazz dello strumentale “Penguin flight” e chiudere in bellezza con l’arrembante rock ‘n’ roll “Stomp” e con l’infuocata ”Pop is not love”, degna conclusione di un albo palesemente rappresentativo di ciò che i Lavoirlinge sono: una band molto preparata che dà prova di “vivere” intensamente sulla sua pelle quello che suona e merita il rispetto che si tributa ai migliori “discepoli” di questo appassionante stile musicale, qualunque sia la loro nazionalità.
Un pezzetto dell’eredità dell’hard-blues più passionale e sincero è contenuto in questi solchi, credetemi.
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