In casi come questo, mi dispiace, ma c’è poco da girarci intorno.
Insomma, quando un disco è brutto è brutto, e nemmeno nell’ipotesi che parlare bene di “Blowin’ up the machine” mi garantisca un’uscita a cena con le avvenenti Meldrum (nota personale: Ermo scherzavi vero? Dimmi che scherzavi!), non trovo aggettivi più idonei per definire il loro secondo album.
Un heavy metal che vorrebbe essere groovy, moderno e alternativo, e invece appare solo una sterile rilettura di stilemi consolidati, dignitosamente eseguiti, ma veramente privi di una qualunque personalità o del benché minimo appeal.
Non bastano il mixaggio di Toby Wright (nel suo palmares Korn, Fear Factory e Alice in Chains), la presenza del “mostro” dei tamburi Gene Hoglan (evidentemente pure lui contagiato dall’anonimato diffuso delle composizioni, dacché svolge il suo “compitino” senza entusiasmo) e quella di Mr. Kilminster (tra l’altro sacrificato ad un ruolo di backing vocalist in un unico brano!), per risollevare le sorti di un Cd deludente praticamente sotto tutti i punti di vista.
Un passaggio a vuoto per la prestigiosissima Frontiers … in fondo, anche questa è una notizia.
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