Qualche mese fa, in chiusura della recensione del disco dei Sarpanitum (un gruppetto brutal inglese), avevo pronosticato che il nuovo lavoro targato Nile avrebbe letteralmente spazzato via il mediocre "Despoilment Of Origin". Una volta messe le mani sul promo di "Ithyphallic" la mia previsione si è avverata: il confronto tra le due band ed i relativi full length evidenzia come i Nile siano avanti anni luce, tuttavia il nuovo capitolo della band di Sanders è probabilmente quello meno riuscito all'interno della discografia del gruppo. Ciò non toglie che si tratti comunque di un buon disco, che di fronte però al suo predecessore o a "In Their Darkened Shrines" non è assolutamente in grado di reggere il confronto.
Si parte con "What Can Be Safely Written", che con una solenne intro preannuncia il ritorno dei faraoni, per poi partire tirata sulla scia di pezzi presenti in "Annihilation OF The Wicked". La prima cosa che balza all'occhio, o meglio all'orecchio, è il lieve mutamento dell'approccio vocale di Sanders: il growl cavernoso e gutturale presente nei dischi precedenti ha ceduto il passo ad un cantato sempre sporco, ma molto meno profondo rispetto al passato. A voi scoprire il perchè nell'intervista allo stesso Karl Sanders sempre su queste pagine. Seguono "As He Creates, So He Destroys", la title track e "Papyrii Containing...", pezzi veramente ottimi, molto vicini allo stile che contraddistingue "Annihilation Of The Wicked", che mettono in risalto il mutamento che la musica del gruppo ha subìto: l'approccio si è fatto molto più vicino al death metal, mettendo da parte o comunque stemperando le sfuriate tipicamente brutal dei primi lavori, anche se George Kollias a più riprese devasta il proprio drum kit lanciandosi in assalti furiosi di doppia cassa e rullante. In generale comunque emerge una maggiore attenzione da parte del gruppo verso il lato melodico della propria musica, scelta che sicuramente permetterà ai Nile di allargare il numero dei propri fan, ma che forse verrà poco condivisa da chi li segue dalle origini ed è più legato al periodo prettamente brutal del gruppo. Accanto ai primi quattro pezzi, decisamente i migliori di "Ithyphallic", troviamo "Laying Fire Upon Apep", "The Essential Salts", "The Infinity Of Stone" (pezzo esclusivamente strumentale suonato credo con un baglama saz, strumento egiziano che su "Annihilation Of The Wicked" ha avuto largo spazio), pezzo molto bello ma che forse avrebbe avuto più senso a metà album, e "The Language Of The Shadows". A parte la breve parentesi strumentale, si tratta di pezzi senza infamia e senza lode, che sicuramente non stonano nell'andazzo generale di "Ithyphallic" ma al contempo non emergono per bellezza o incisività. Di certo rappresentano il punto debole del nuovo disco dei Nile. Discorso a parte merita invece la conclusiva "Even The Gods Must Die", in cui la band cala di molto i ritmi dando risalto alla componente epica ed atmosferica della propria musica, cosegnandoci una grandissima canzone che nonostante la sua durata (ben 10 minuti) fa venire la pelle d'oca a più riprese.
Sono stato più volte combattuto in fase di votazione, ma credo che un 7 sia il voto più equilibrato e giusto: si tratta di una valutazione che vuole dare merito e premiare gli ottimi pezzi che compaiono su "Ithyphallic" e che senza dubbio finiranno con l'occupare stabilmente le setlist dei Nile, ma che allo stesso tempo non può non tenere conto dell'ingombrante passato della band, che con i dischi precedenti ha sicuramente dato il meglio di sè.
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