I The Dogma sono un gruppo che dopo l'ottimo demo "Symphonies of Love and Hate", passando poi per l'esordio "Black Roses", è cresciuto enormemente ed il nuovo album "A Good Day to Die" li vede, infatti, nuovamente a livelli d'eccellenza. Grande personalità ed un songwriting maturo, e così i The Dogma hanno potuto forgiare un proprio blend musicale a base di Hard & Heavy Metal, atmosfere Gothic ed orchestrali, lavorando in maniera egregia sui chorus.
Se a queste qualità si abbinano una produzione eccellente, curata da Siggi Bemm (Tiamat, Angel Dust, Samael...), ed un ottimo ed azzeccato artwork realizzato da Andreas Marschall (Blind Guardian, Running Wild...) è inevitabile che "A Good Day To Die" finisca per imporsi come una delle migliori uscite dell'anno in corso.
Prima di entrare nei meandri del disco, dobbiamo registrare anche il riassetto nella line-up con l'ingresso di Marco Bianchella, al posto del guest Mike Terrana e quello del bassista Andrea Massetti per Steve Vawamas (Shadows of Steel, Athlantis, Angels in Black...) ma pure la presenza di Lisa Middelhauve (Xandria) come ospite in un paio di pezzi.
Dopo la breve introduzione "The Beginning Of The End", troviamo subito la titletrack e la seguente "In The Name Of Rock" che possono ricordare certe cose degli ultimi Edguy e dove si mette subito in mostra un miglioratissimo, e sempre più sicuro, Daniele Santori. Su "Bitches Street" la formazione marchigiana spinge poi sull'acceleratore per un brano dalle tinte tipicamente Hard Rock, dove le chitarre si lanciano in un bell'assolo, breve ma allineato con lo stile del brano. Le atmosfere cambiano con le orchestrali e ben ritmate "She Falls on the Grave" e "I Hate Your Love" (altra prova sopra le righe di Santori, così come quella di Stefano Smeriglio), e quindi con la ballad pianistica "Autumn Tears". Ovviamente dopo un lento bisogna rimettersi a spingere, ed il compito spetta alla semplice, ma impetuosa, "Ridin' The Dark", poi tutta la classe del gruppo viene fuori con l'ambiziosa e malinconica "Angel in Cage", dove alla voce di Santori si affianca quella Lisa Middelhauve. "Back from Hell" è invece il pezzo più solare e powereggiante dell'album, pesantemente caratterizzato dagli azzeccatissimi cori alla Carmina Burana. Ed i cori svolgono nuovamente un ruolo importante anche nelle successive, maggiormente emotive, "Feel My Pain" e "Bullet in My Soul". Chiude infine l'album la triste "Christine Closed Her Eyes", dedicata ad una giovane fan del gruppo che incrociato un tragico destino, un'emozione che si sprigiona da questa canzone letteralmente puntellata sul toccante binomio voce ed archi.
C'è poco da fare... tra le tante cose sentite ultimamente, le migliori arrivano spesso dalla "bistrattata" scena italiana!
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