Siamo al cospetto degli Sleepytime Gorilla Museum, una delle realtà più interessanti nel panorama metal-prog degli ultimi anni, nati dalle ceneri degli Idiot Flesh, più precisamente dal bassista Dan Rathbun e dal chitarrista-cantante Nils Frykdahl che insieme alla cantante-violinista Carla Kihlstedt dei Charming Hostess danno vita a questo progetto nel 1999, che trova similitudini disseminate nei meandri delle note di Mr.Bungle, Fantomas, dei già citati Idiot Flesh (la mela cade sempre vicino all'albero) e chi più ne ha più ne metta. L'album in questione, "In Glorious Times", consta di oltre un ora di complicatissimi virtuosismi il cui ascolto non è dei più scorrevoli... o almeno se non si entra nella giusta ottica. Per chi invece ha già dimistichezza con il genio creativo della band, sarà una vera e propria goduria intraprendere un nuovo viaggio all'insegna della più contorta psichedelia malata e insana al punto giusto da rimanere coscientemente attoniti dinanzi agli effetti allucinogeni che può creare la musica. E il termine "musica" qui non sta ad indicare il nome, poco scientifico, di un nuovo ritrovato nelle sostanze stupefacenti, stiamo parlando delle 7 note, di un'arte sublime, che in pochi casi come in questo riesce a raggiungere tale eccelenza. Certo è che di stupefacente gli Sleepytime Gorilla Museum hanno tanto. Andando a sviscerare quanto "In Glorious Times" ci propone troveremo la più eterogenea gamma di atmosfere, a partire dall'iniziale brano "The Companions", la cui durata di oltre 10 minuti risulta apparentemente eccesiva, ma che è come una cerimonia di iniziazione per i timpani, che conduce in una lenta processione guidata dalle lyrics di Nils, più carismatico che mai, e cadenzata dalle note di basso che accrescono la tensione. Questo catapulta nello stato d'animo ideale per l'ascolto di "Helpless Corpses Enatcment", una giostra diabolica dall'incedere deciso e dall'approdo ignoto, con le voci che sembrano narrare di catastrofi ed imminenti sventure, la batteria che lavora in tempi dispari accrescendo l'angoscia di essere sul punto di inciampare durante la fuga, proprio quando quell'inimmaginabile creatura mostruosa è solo due passi più indietro ed ecco che ti afferra e mentre svieni dalla paura le chitarre si fanno più pesanti, le terzine più ravvicinate, il violino più insistente e acido. L'unico modo per salvarsi è svegliarsi dall'incubo... No, era solo un'illusione. Il viaggio orrorifico continua in "Puppet Show", un carrillon dai suoni tanto sinistri quanto affascinanti che rimanda ad alcuni episodi dei Fantomas, mentre l'incrocio di voci, maschile e femminile, è un gioco in cui le due parti sono più che equilibrate. Tra le altre cose poi in quest'album ci sono dei momenti in cui il prog scivola nei ritmi circensi, tutto viene contaminato da sonorità orientaleggianti, il pentagramma ondeggia secondo il volere implacabile degli strumentisti e in un brano come "Ossuary" una palla di gomma sembra rimbalzare a ritmo di musica, chiusa in una stanza, finendo per infrangere qualcosa nel momento in cui termina la song. C'è tanta teatralità, la stessa di cui gli Sleepytime Gorilla Museum si servono dal vivo per sorprendere e spiazzare, come se il loro folle modo di suonare non bastasse. Innegabili mostri di bravura, sapienti intrattenitori, abili narratori, quante e quali le altre qualità di cui sono capaci? Musicalmente parlando sembrano davvero non avere confini, così come dettava quel movimento d'avanguardia d'ispirazione dadaista e futurista da cui i magnifici nostri hanno tratto il nome del gruppo, il quale si proponeva l'obiettivo di distruggere e di creare una nuova forma d'arte, di sostituire quella esistente. Beh, loro lo fanno, battendo terreni di sicuro già esplorati in passato da altri artisti, ma con un coraggio ad esporsi per niente comune nella musica odierna. L'augurio è che la band raccolga ancora una volta quanto seminato con tanto impegno e che sempre più persone riescano a cogliere una forma d'arte così sublime.
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