Che i Lord Belial rientrino di diritto tra i fondatori della scena black metal svedese è un dato di fatto, così come, però, è altrettanto evidente che rispetto ai loro “cugini” più illustri Marduk e Dark Funeral abbiamo da sempre preferito idee armoniche differenti, non puntando tutto solo sull’iper velocità, ma spingendosi sempre verso soluzioni musicali più atmosferiche e ricercate, arrivando, in passato, addirittura ad utilizzare il flauto e il cello in alcuni brani. Questo “Revelation: the 7th seal” non è da meno. Prodotto egregiamente da Andy La Rocque e dal gruppo stesso, il settimo lavoro in studio della band di Trollhättan si apre con “7th seal”, un’intro di meno di un minuto che a giudicare dalle sonorità suona tanto come un tributo alla figura carismatica di Jon Nodtveidt. È poi la volta di “Ancient splendor”, mid tempo in cui la melodia riveste un ruolo primario. Ottimo il lavoro di Dark e Vassago alle sei corde, vario e intricato. Con “Aghast” i ritmi accelerano un po’, ma senza mai sfogare nella furia cieca: il black metal è un punto di partenza per i nostri, e non di arrivo. Questo “Revelation” è un disco maturo, e ci presenta una band che ha ben chiaro in testa cosa vuole comunicare con i propri brani. Altra song esemplificativa di quanto i nostri non abbiano paura di “osare” è Death as solution”, che ancora una volta presenta una forte componente melodica che va ad unirsi alle sfuriate black, per non parlare della voce “pulita” che apre il brano. La durata media dei pezzi è intorno ai quattro minuti, e questo fa si che il cd non sia eccessivamente pesante da digerire, anche se vista la caratura dei brani in questione è un pericolo che non si sarebbe corso anche se i nostri avessero osato un po’ di più. Dopo “Unspoken veneration”, ancora assestata su up tempo, è la volta di rallentare di nuovo con “Death cult era”, ed è proprio con i brani più lenti ed atmosferici che, secondo me, i Lord Belial riescono ad esprimere le idee migliori, con un insieme di note che trasudano malignità e pessimismo da tutti i pori. In “Vile intervention” torna prepotentemente alla luce il fantasma di Jon Nodtveidt, con alcune melodie e alcuni riff di chitarra tipicamente dissectioniani, per non parlare poi degli arpeggi, ma c’è da dire che vista la caratura della band in questione è inevitabile ritrovarne tracce in un po’ tutte le uscite recenti in ambito black metal. Ancora atmosfera con “Getaway to oblivion”, “Unholy war” e “Black wings of death”, tre bei mid tempo rocciosi, mentre in chiusura di cd troviamo “Grievance”, un brano cupo sorretto da timpani evocativi sui quali vanno ad inserirsi un delicato arpeggio di chitarra e la voce narrante di Dark. Come già detto prima, questo disco potrebbe essere considerato anomalo se si pensa al classico cd black metal, ma se lo si analizza a fondo non è così. I Lord Belial non hanno bisogno di dimostrare nulla, né tanto meno di dover suonare necessariamente a mille all’ora. Hanno avuto la forza di osare e di immettere sul mercato un cd dall’indubbio valore, in cui il black metal è un mezzo per poter esprimere malvagità e disagio, e non solo un modo per apparire più cattivi di quanto si è in realtà. “Revelation” è un disco maturo, che piacerà agli amanti di soluzioni musicali estreme, ma forse un po’ meno al 15enne che si ferma al facepainting, alle copertine in bianco e nero, e ai blast beat sparati a mille per tutta la durata del cd.
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