Devo ammettere di aver seguito sempre con interesse i movimenti di Uli Kusch, sin dai tempi degli Holy Moses, in quanto lo considero uno dei batteristi più completi della scena tedesca. Avevo quindi molto interesse per la sua nuova creatura dopo l’abbandono dei Masterplan, e il fatto che avesse scelto, insieme ai fratelli Jansson, Ride The Sky come moniker per la band mi ha fatto per un po’ sperare che si trattasse di un ritorno a sonorità power un po’ più spiccatamente metal dopo la parentesi nella band di Grapow. Sono rimasto un po’ spiazzato, invece, quando ho saputo che si sarebbe trattato di un progetto melodic metal. Superata la delusione iniziale ho deciso comunque di dare una chance a “New protection” e devo dire che nonostante non sia un amante sconsiderato di queste sonorità il cd si lascia ascoltare con piacere. Certo, in alcuni momenti le melodie diventano davvero un po’ troppo stucchevoli, però bisogna ammettere che la band sa il fatto suo e riesce a confezionare una manciata di song veramente molto eleganti e ben congegnate. Fa un po’ specie sentire Uli suonare in questo modo, ma d’altra parte non è detto che debba sparare la sua cassa sempre a 2000 per dimostrare il suo valore (vedi ultimo disco dei Mekong Delta). La titletrack apre alla grande il cd ed appare chiaro fin da subito che le canzoni di questo disco sono di classe. È altrettanto vero, però, che con le successive “A smile from Heaven’s eye” e “Silent war” la formula comincia a diventare un tantino stantia. Bei pezzi, sì, però alla lunga poco coinvolgenti. Le cose cambiano un po’ con “The prince of darkness”, che si discosta leggermente dalle precedenti e riesce a ravvivare l’ascolto. Gli innesti più spiccatamente hard rock giovano al pezzo, e pur se le melodie continuano a farla da padrona il riffing risulta più convincente e colpisce di più nel segno. Stesso discorso per la successiva “Breath the chain”, dal sapore leggermente più cupo. Quando insomma i Ride The Sky evitano di essere eccessivamente zuccherosi le cose vanno nettamente meglio. Ho apprezzato particolarmente sia il lavoro di Henning Ramseth alle tastiere, quasi sempre discreto e con la giusta scelta dei suoni (mai eccessivamente moderni), sia di Bjorn Jansson, che per fortuna con la sua voce evita voli pindarici verso vette impossibili e si limita ad interpretare con discreto pathos i brani. Tornando al cd, più marcatamente melodic power metal è invece “Far beyond the stars”, dove le tipiche melodie del genere sono assolutamente riconoscibili fin dal primo ascolto e ne fanno, forse, l’episodio più “ruffiano” dell’intero cd. I riff tornano ad indurirsi, quasi ai limiti del nu metal, nella successiva “Black cloud”, prima di lasciar spazio, come sempre, al cantato melodico di Bjorn. Questa fusione tra parti più delicate e riff più duri non dispiace e rende il tutto più interessante. Prima di chiudere segnalerei anche la finale “A crack in the wall”, dall’inizio più sinfonico, e che mi ha ricordato in alcuni punti gli Heavens Gate. Buon esordio, in pompa magna tra l’altro, visto che è avvenuto su Nuclear Blast, per questa nuova creatura svedese. D’altra parte visti i nomi coinvolti c’era da aspettarselo. Consigliato a tutti i maniaci del melodic power e dell’A.O.R.. Agli altri suggerisco comunque un ascolto…
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