Le scelte cromatiche effettuate per la copertina, in cui sono i toni scuri e spenti a dominare, riflettono quella che è la musica contenuta all'interno di questo "Elementary" dei canadesi The End, un miscuglio spiazzante delle influenze più disparate, in cui sono comunque sonorità opprimenti e sulfuree a dettare legge. Dopotutto sembra proprio che in Canada se la godano un sacco a fare a pezzi e a ricomporre i canoni musicali, in una specie di Lego delle sette note che affascina nonostante la sua non certo facile metabolizzazione.
"Elementary" è un disco estremamente variegato, in cui è possibile ritrovare richiami alla schizofrenia dei Dillinger Escape Plan, la furia del death metal moderno, soluzioni ritmiche nervose e imprevedibili, echi doomeggianti e in generale un senso di oppressione e di pesantezza che pervade tutto il disco. Le tracce non seguono una linea comune, è come se si trattasse di dieci pezzi a sè stanti, ognuno dei quali rivela un'anima e una sfaccettatura diversa della musica dei The End: l'opener "Dangerous" è un pezzo aggressivo in cui la vena death metal è certamente più marcata, "The Never Ever Aftermath" è un macigno nero tanto è soffocante, "The Moth And I" si trascina pesantemente con un fare quasi doom, "Throwing Stones" si poggia su di un riff rock'n'roll molto roccioso e graffiante, "My Abyss" ammicca agli ottimi Mastodon, "A Fell Wind" è un pezzo atmosferico agghiacciante che potrebbe benissimo essere contenuto all'interno di un disco di black atmosferico da tanto fa paura, mentre nella conclusiva "And Always..." spunta perfino un pianoforte. Insomma, le carte in tavola i The End non le mettono mai sul tavolo in maniera chiara, ma si divertono a rimescolarle in continuazione, non fornendo all'ascoltatore un punto di riferimento saldo. Cosa che si rivela un'arma a doppio taglio: se da un lato "Elementary" stupisce per la varietà delle soluzioni, dall'altro soffre della mancanza di una linea guida all'interno dell'album, che rende l'ascolto difficoltoso e a tratti frammentario. Il che può essere un pregio o un difetto, a seconda della sensibilità e del gusto dell'ascoltatore. Quel che è certo è che il disco necessita di ripetuti ascolti, anche se a volte il minutaggio sembra penalizzare la fruibilità delle canzoni (una su tutte, i nove minuti di "And Always...", tutta giocata su tempi lenti, veramente un mattone).
Sicuramente un buon disco, che si rivolge a tutta quella fascia di ascoltatori che amano la musica di più difficile ascolto e a cui piace cimentarsi in ascolti ostici, i quali avranno di che divertirsi con questi canadesi.
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