Altro salto indietro nel tempo... nuovamente ad inzio millenio. Ovviamente sempre da Metal.it...Compito non semplice per i
Nevermore replicare ad un album come "Dreaming Neon Black". Finora erano riusciti a far sì che ogni nuova realizzazione fosse un passo avanti rispetto alla precedente, ma i livelli toccati proprio con il precedente "Dreaming..." rendevano la cosa difficile. Dubito che ai Nevermore facciano paura le sfide e che preferiscano imboccare la via più facile, come ben si evince dal sound che gli eredi dei Sanctuary ci propongono ormai da anni, un thrash reinterpretato con molta personalità. La band, ritornata alla formazione che incise il debut album, a causa dell'abbandono di Tim Calvert, propone quello che per me rimane il più efficace ed appetibile mix di violenza, cattiveria e di melodia e feeling (spesso morboso). In quest'occasione i suoni si fanno più "affilati" ma allo stesso tempo più vari, ed è sopratutto la sezione ritmica che ne guadagna. Si nota certamente lo zampino del produttore Andy Sneap, che per la prima volta collabora con i Nevermore, dopo che per anni la console era stata "monopolio" dell'altrettanto bravo e famoso Neil Kernon. L'album vive dell'alternarsi di momenti aggressivi e altri maggiormente riflessivi, e la cover di "Sound of Silence" (Simon & Garfunkel) a dispetto di tutte le supposizioni fa parte della prima categoria, in ogni caso per i brani vi rimando ai singoli commenti che seguono. L'impressione generale è che non si tratti di un concept, com'era invece avvenuto con "Dreaming...", certo che i testi sono sempre dei brevi ma intensi drammi. I quattro musicisti si confermano grandi esecutori, proponendosi in prestazioni di vera eccellenza, ma i punti di forza dei Nevermore sono due: la voce di Warrel Dane ed un songwriting eccezionale, tutti i brani sono firmati dalla coppia Loomis/Dane, in grado di far sì che canzoni dalle strutture complesse tengano sempre l'attenzione viva.
- NarcosynthesisSi apre su sonorità decisamente thrash, con la sezione ritmica a condurre il gioco ed abile a creare un groove devastante. A spezzare i ritmi ecco un refrain più orecchiabile e Jeff Loomis che cesella degli stupendi interventi con la sua chitarra.
- We Disintegrate Sempre su ritmi elevati, il giro di chitarra mi ricorda gli Annihilator dei tempi che furono. Inizialmente la voce di Warrel viene filtrata, ma poi si lancia in acuti che sembrano provenire dal vecchio repertorio dei Sanctuary. E' nuovamente il refrain a dettare i cambio di ritmo, ed in questa parte Warrel è eccezionale, passando da tonalità high-piched a toni profondi e ricchi di feeling.
- Inside Four WallsUn brano che mi ricorda nuovamente i già citati Annihilator, per i continui cambi di tempo e d'atmosfere, ma sopratutto per i riff del sempre più bravo Jeff, che piazza pure un ottimo solo. S'incastra alla perfezione anche uno spoken word, su liriche d'accusa verso il sistema giudiziario americano. Cantato con la rabbia di chi vede un amico rinchiuso in un carcere.
- Evolution 169Si abbassano i ritmi, ma l'intensità non accenna a calare, un brano dai toni malinconici e tragici, ancora interpretato benissimo da Warrel.
- The River Dragon Has ComeInizio melodico, ma è un falso indizio, visto che poco dopo il brano si vivacizza, ehm... diciamo si indurisce, dato che il termine "vivace" non è sicuramente azzeccato per descrivere le atmosfere presenti su "Dead Heart In A Dead World".
- The Heart CollectorBello. Uno dei miei pezzi preferiti, stupenda la melodia iniziale e poco da dire sulla prestazione di Warrell. Sentirlo come canta "... Nevermore to fell the pain..." fa venire i brividi. Un brano atipico per i Nevermore, per la semplicità che lo caratterizza.
- Engines of Hate Williams e Sheppard si confermano come i veri "engines" (motori) dei Nevermore, uno dei brani più monolitici e compatti dell'album.
- The Sound of SilenceI Nevermore stravolgono questo brano, una versione violenta e senza compromessi, che arriva a sconfinare in territori Death Metal. Già in passato "Sound of Silence" era stato ripresa da una metal band, gli Heir Apparent, su "One Small Voice" ('87), ma allora era stato molto più facile riconoscerla.
- InsignificantI Nevermore abbassano la velocità d'esecuzione, ma sebbene calino i ritmi, la tensione non accenna a diminuire. Una ballad oscura, che fa ottimamente il paio con "The Heart Collector".
- Believe in NothingDal titolo così negativo, e visto lo sviluppo melodico del pezzo precedente, mi aspettavo un brano tipo rullo compressore, invece "Believe in Nothing" è un mid tempo dalle atmosfere malinconiche ed emozionanti che mi hanno completamente conquistato.
- Dead Heart in a Dead WorldCaratterizzato dal classico fruscio che accompagnava il caro vecchio vinile ecco che prende vita la title track. Nella parte iniziale che prelude al brano vero e proprio, Sheppard arpeggia il suo basso accompagnando la sola voce di Warrell, poi si prende il via, con lo stesso Sheppard, spalleggiato da un sempre più sorprendente Van Williams. Un pezzo dal groove pesantissimo e dai toni mutevoli, e come al solito i Nevermore azzeccano anche il ritornello.