Sugli Slayer di Sant'Antonio ne sono state dette di tutti i colori: da chi li ritiene thrash solo per l'omonimia con i più famosi Slayer di Kerry King e soci, a chi li ha sempre considerati successivi a questi ultimi, e gruppo secondario di metal banale e derivativo. E' ora quindi di chiarire un po' le idee a qualcuno: innanzitutto gli Slayer non sono un gruppo thrash, quanto piuttosto una band di heavy/speed, sono pressochè contemporanei agli Slayer di Los Angeles, con i quali hanno perso la battaglia per il nome, scegliendo poi di divenire, a partire dal full-lenght "Go for the Throat", S.A. Slayer (dove "S.A." sta per San Antonio), e sono una band con i controcazzi che mi permetto di consigliare a tutti voi. Non è vero neanche che le due band fossero in rivalità tra loro e che si odiassero, dato che venivano da provenienze assai diverse, non si conoscevano tra loro ed ebbero la possibilità di incontrarsi solamente nell'inverno 1985 al famoso concerto "Battle of the Slayers".
E' del 1983 il debutto discografico della band, capitanata da Steve Cooper e Bob Catlin; si tratta di un EP di cinque tracce, abbastanza esoso oggi anche nelle sue varie ristampe (tra cui una in picture disc), per non parlare della versione in vinile originale che si aggira sul valore di 140/150 euro. Musicalmente, come detto, siamo su un heavy/speed dove a farla da padrona sono le vocals squillanti e acute di Steve Cooper, con il suo cantato tipicamente heavy americano. "Prepare to Die" si apre con l'intro "The Door" che nulla è se non il rumore di una porta che si apre in maniera sinistra. Segue a routa la title-track, speed song con un riffing alla Exciter e una linea vocale melodica, ma aggressiva; una delle caratteristica degli Slayer sono le strutture inconsuete, parecchio varie, che non mancano di stop and go improvvisi, che verranno poi esasperati nel successivo "Go for the Throat" (dove alla chitarra troviamo niente meno che Rob Jarzombek, in seguito nei Watchtower). Sfuriate interrotte e accelerazioni improvvise, in quella che è la song migliore del lotto, assieme alla successiva "Final Holocaust", con il suo incedere incalzante e le sue trascinanti linee melodiche vocali. Non è molto da meno "Unholy Book", altro brano aperto da un riffing che parrebbe uscito dalla chitarra di John Ricci, e continuato con un mid-tempo groovy, prima della splendida apertura melodica del ritornello, che potrebbe richiamarvi alla mente i Warlord dell'Ep "Deliver Us" o gli Omen di "Battle Cry". A chiudere l'EP troviamo la splendida "To Ride the Demon Out", più eccentrica nelle ritmiche, tanto da richiamare canzoni quali "Tyrant in Distress" dei Watchtower (le due bands si conoscevano ed erano in ottimi rapporti di amicizia).
Rispetto ai più famosi Slayer, questi vantano una tecnica decisamente superiore, e un songwriting all'epoca meno derivativo (specie se pensiamo a "To Ride the Demon Out"), dato che gli Slayer di Los Angeles in quegli anni ancora si dedicavano con risultati mediocri alla coverizzazione di Maiden e Judas Priest e ai primi pezzi propri, ben distanti dalla personalissima proposta musicale che svilupperanno gli anni successivi. La produzione è buona, contando che si tratta di un lavoro realizzato con un budget davvero limitato. Nel complesso "Prepare to Die" è un lavoro sopra le righe, che vale abbondantemente il prezzo di acquisto, sia per il proprio valore storico che per quello artistico. Certo non vi sarà facile trovarlo, ma se vi capita sotto le mani vi consiglio di non farvelo sfuggire.
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