Dopo un album controverso e discusso sin dal titolo (parliamo, ovviamente, di “Keeper of the Seven Keys: the Legacy”), tornano le zucche più famose del pianeta con un nuovo lavoro, e, a modesto parere di chi scrive, finalmente ci siamo, eccome. Il nuovo “Gambling with the Devil”, difatti, sembra ritrovare quell’aura di potenza, positività e tecnica che ultimamente sembrava a dir poco offuscata.
Non pochi detrattori degli ultimi lavori degli Helloween (tra cui il sottoscritto), che già cominciavano a pensare ad una inevitabile parabola discendente dei 5 tedeschi, si dovranno ricredere di fronte alla potenza ed alla bellezza di quest’ultimo platter. Ma andiamo con ordine.
La copertina è una delle poche cose brutte di “Gambling…”, un non troppo felice lavoro di computer grafica, laddove un disegno 2D sarebbe stato di certo molto più gradito; non so perché ma mi ricorda ‘Virtual XI’ dei Maiden, ed il ricordo, come potete ben immaginare, non evoca le migliori sensazioni….
Il tutto viene però spazzato via dalle note di “Kill it”, prima song dopo un intro misterioso ed atmosferico: i nuovi Helloween pestano durissimo, ed Andi Deris si scatena su tonalità davvero proibitive.
La song ricorda molto “Push” del fortunato “Better than Raw”, per la struttura ‘cattiva’ e serrata. La produzione è davvero eccelsa, ma per fortuna questo non è mai stato un problema (a parte ‘vaccate’ clamorose come “The Time of the Oath”, bel disco sfregiato da una produzione oscena).
Cosi, vi troverete spesso ad ammirare il meraviglioso lavoro in coppia di Miki Weikath e Sascha Gerstner, ben fatto come non succedeva da una manciata di dischi. Potrei citare davvero tante songs come ‘emblematiche’ di questo nuovo “Gambling with the Devil: “The Saints” ha un ritornello che proviene direttamente dai favolosi anni dei Keepers (quelli veri, mi raccomando!), happy e potente come non succedeva da troppo tempo, “As long as I Fall”, primo singolo apripista, ha un refrain accattivante e di sicura presa, “Final Fortune” ha un chorus davvero indelebile ed un arrangiamento curatissimo e davvero azzeccato, “Can do it” se la gioca con i grandi classici per atmosfera happy e melodie canticchiabili…
Insomma, ce n’è davvero per tutti i gusti. Nota doverosa al meraviglioso suono del basso di mr. Markus Grosskopf, che dà un taglio molto moderno al sound complessivo.
Dulcis in fundo, una doverosa manciata di parole va spesa per la conclusiva “Heaven Tells no Lies”, vero manifesto degli Helloween targati 2007, ideale punto d’incontro tra il vecchio ed il nuovo; una song semplicemente perfetta, dal riff alle linee vocali, dal ritornello ai solos.
Il nuovo lavoro degli Helloween, insomma, dà netta la sensazione di possedere un’ottima longevità, complice una freschezza compositiva che mancava, a modesto parere di chi scrive, da tanto tempo.
Sicuramente una parte del merito di cotanta fruibilità del platter è da attribuire alla non eccessiva lunghezza dei brani, che raramente superano i 5 minuti; sono finalmente finiti i tempi in cui un pezzo veniva artificiosamente gonfiato ed allungato da parti strumentali ripetitive, o fini a se stesse; mi sembra chiaro che stavolta si sia puntato soprattutto alla sostanza e non ad inutili barocchismi, cosa facile da fare quando, com’è il caso, la sostanza finalmente c’è, e non ha bisogno di orpelli di sorta per essere apprezzata e valorizzata.
Non è più solo questione di ‘mestiere’, quindi: i nuovi Hellowen sono tornati in grande, grandissima forma.