Quando nel 1994 i
Machine Head irrompono sulla scena metal, pubblicando il loro primo disco, il presente “
Burn My Eyes”, il metal non se la passava granché bene, e per dargli una bella scossa ci voleva una vera e propria bomba. E bomba fu.
Nel 1994, i capisaldi del thrash metal, per intenderci i 4 big della Bay Area, languivano, soffocati com'erano dalla moda grunge imperante. Lo stesso genere ormai mostrava la corda, essendo le vecchie soluzioni oramai stantie ed abusate. Ci voleva qualcosa di nuovo, anche se non innovativo.
“
Burn My Eyes” può ben essere considerato uno dei principali semi che ha gettato le basi del cosiddetto post-thrash, che poi fiorirà con il successivo “
The More Things Change”. Un disco cioè capace di fondere il tipico sound bay area, fatto di assoli, virtuosismo chitarristico e velocità, con i
Pantera di “
Vulgar Display Of Power” (’92) e “
Far Beyond Driven” (’94), e quindi con il loro groove animalesco, più moderno e quadrato.
A questa ricetta, già di per se vincente, la band aggiunge una tecnica di base ottima, un songwriting eccellente e una manciata di pezzi divenuti ormai dei classici, dei veri e propri anthem che dal vivo non fanno prigionieri.
E i testi? Veri e propri inni da cantare a squarciagola.
Già l'iniziale “
Davidian”, ispirata ai
fatti di Waco, è un bomba che deflagra in maniera disumana, al grido di “
Let freedom ring with a shotgun blast!”. E da lì in poi sarà un continuo sciorinare di pezzi assolutamente eccellenti, senza soluzione di continuità.
“
Old”, “
Death Church”, “
A Nation On Fire”, e cito solo le prime che mi vengono in mente.
Il disco ha un mood anthemico, ma gli anthem dei
Machine Head sono urbani, vengono dalla strada per la strada, perché, come ci ricorda la scritta sulla maglia del bassista
Adam Duce nel retrocopertina del cd, “
Only The Strongest Survive”.
E vogliamo parlare della conclusiva “
Block”? Il degno epitaffio di un disco mastodontico, con uno dei migliori pezzi della band. Mi piace citare un passaggio di questa canzone, un passaggio che rappresenta anche un po' la filosofia della band:
“Believe in something if it stops your suffering
'cause all we have is nothing!”
Un inno al nichilismo di una band che poche volte sarà così in forma negli anni che verranno, anche grazie a due membri storici che poi lasceranno, ovvero
Logan Mader e
Chris Kontos.
“
Burn My Eyes” è un disco heavy, pesante, claustrofobico, eppure per certi versi accessibile a tutti i fan dell'heavy metal, indipendentemente dal sottogenere preferito. Ciò sicuramente anche grazie alla produzione di
Colin Richardson, che non ingrassa troppo le chitarre e lascia che la batteria abbia un suono più umano, più caldo.
Che dire in chiusura? Un disco da avere, al pari di un “
Kill'em All”o di un “
Reign In Blood”. E ho detto tutto.