I
Morbid Angel, gruppo di punta della scena underground di Tampa, dopo aver pubblicato due dischi pressappoco perfetti:
“Altars of Madness “ (1989), e il più lento e corposo
“Blessed Are the Sick” (1991), nel 1993 – il 22 giugno, il solito giorno della pubblicazione di
“Individual Thought Patterns” – giungono al vaglio della terza prova in studio, la quale fa appello al nome di
“Covenant”, uscito sempre con la
Earache Records per quanto riguarda il mercato europeo, mentre per quello statunitense con la più nota
Giant Records, label appartenente alla Warner Bros. Probabilmente il parziale cambio di etichetta è stata una delle mosse più azzeccate del gruppo, dato che
“Covenant” è uno dei dischi Death che ha venduto di più in assoluto, sembrerebbe che nei soli Stati Uniti abbia raggiunto la quota di 153.000 copie vendute.
La line-up dei Morbid Angel rimase stabile, fatta eccezione per la dipartita di Richard Brunelle, lasciando così il compito delle linee di chitarra interamente al leader
Trey Azagthoth. Dunque, oltre a Trey, tra gli altri membri troviamo nuovamente
David Vincent al basso e alla voce, e
Pete Sandoval dietro le pelli.
Se in
“Altars of Madness” i deathsters di Tampa proponevano un sound seminale, veloce, che non disdegnava sofisticati intrecci melodici, con
“Blessed Are the Sick”, come già accennato, abbiamo assistito ad un rallentamento generale a favore di un suono più corposo dalle chiare influenze Doom, con molte reminiscenze della musica classica (fecero anche la comparsa per la prima volta alcuni intermezzi di tastiera), senza però rinnegare la velocità che contraddistingue il genere.
Qui in
“Covenant” si ritornò ad una parziale riaccelerazione del sound, mantenendo il groove pesante del predecessore e il suo andamento pachidermico, e un indurimento nella direzione della brutalità della loro proposta a discapito della melodia, che in ogni caso non venne ripudiata, ma continuava ad inserirsi all’interno del Death Metal dei floridiani.
A mio modo di vedere la band di Azagthoth in questo disco riuscì a far propria, e a tramutare in metallo della morte, ciò che avveniva in ambito Thrash con l’avvento dei Pantera di
“Vulgary Display of Power”(1992), album che per primo, o meglio subito dopo
“Slaughter in The Vatican” (1990) degli Exhorder, aveva diffuso il tipico sound Groove Metal che già avevano accennato con
“Cowboys From Hell” (1990). I Morbid Angel inglobarono questa tendenza stilistica che dilagava in molti generi senza perdere un briciolo dell’attitudine seminale che li contraddistingueva. Questa sintesi tra velocità, brutalità, groove e rallentamenti di sabbathiana memoria è stata possibile anche grazie al buon lavoro di produzione svolto da
Fleming Rasmussen (produttore di dischetti come
“Ride The Lightning”, “Master of Puppets” e
“…And Justice for All”).
L'LP è composto da dieci brani per un totale di circa 41 minuti, difficile trovare un difetto a ciò che hanno proposto i ragazzi di Tampa, non appena si preme il tasto play si entra in una dimensione senza tempo destinata a fare storia, dove il Death imperversa brutale incontrando gli echi classici conditi con tritoni e dissonanze inquietanti, grazie soprattutto al lavoro sofisticato di Trey alla chitarra, sia in fase ritmica che solista. Pete Sandoval alias "Commando" non lascia un attimo di respiro nelle parti più tirate, con doppia cassa micidiale e blast beat a profusione, il tutto eseguito con una tecnica sopraffina che denota una certa eleganza nella sua furia, dimostrando tra le varie cose di cavarsela bene anche nei frangenti più cadenzati. A questo si aggiunge la prestazione al microfono e al basso di David Vincent, con la ferocia e l’originalità timbrica che lo ha sempre contraddistinto.
Sui testi vi è poco da segnalare poiché sono tutti ascrivibili al satanismo e all’occultismo, dai quali traspare una vera e propria crociata nei confronti del cristianesimo.
Si aprono le danze infernaIi con la furia di
“Rapture” e
“Pain Divine”, che contiene un insieme di armonie classiche che scaturiscono dalla trama intessuta da Trey all’interno del motivo principale, per proseguire con i cambi di tempo all’insegna di blast beat e rallentamenti carichi di groove di
“World of Shit”. Si passa poi alle più canoniche e Thrash oriented
“Vengeance Is Mine” e
“The Lions Den”, e si giunge alla seconda metà del disco con
“Blood on my Hands”, decisamente su binari old-school, per approdare alla bellissima
“Angel of Disease” che scorre sul filo del Punk; la tellurica
“Sworn to the Black” dove Sandoval sembra diventare un polipo, per concludere con l’oscura strumentale
“Nar Mattaru” seguita da
“God of Emptiness”, dove i nostri miscelano il loro tipico sound con alcune influenze che richiamano l’Industrial…un brano lento, con riff pesanti come macigni che pescano a piene mani dal Doom e si incontrano con un olezzo macabro scaturito da una poetica decadente.
I Morbid Angel con
“Covenant” riconfermarono e consolidarono la loro caratura artistica, inoltrandosi ancora più oltre sul sentiero tracciato dalla brutalità.
Data l’abitudine della band di intitolare i propri album in ordine alfabetico, possiamo affermare che l’ABC dell’angelo morboso non si discute.
Recensione a cura di
DiX88