Nonostante siano in attività sin dalla seconda metà degli anni '80 (anche se ormai con il chitarrista Axel Ritt unico membro originale) e con una cospiqua discografia alle spalle, "The Artefact" rappresenta il mio primo contatto con i tedeschi Domain. Hard Rock di classe, ben bilanciato tra melodia e momenti più robusti, ma anche discretamente vario, grazie ad esempio a "Mystery Stone", che ricorda il Gary Moore periodo "Wild Frontiers" (ma lo ammettono senza remore nel booklet) ed all'atipica "Downtown Babylon", dove il gruppo per qualche minuto passa a toni più foschi. Senza poi dimenticare la presenza di "Day Tripper", ovviamente cover del famoso brano dei Beatles, che peraltro non trovo così ben riuscita. Molto meglio, infatti, alcuni brani scritti dal gruppo, dalla melodia di "Strangers From The Heart" all'energia di "Experience XTC" (con il suo rifferama alla Angus Young), ideali a rappresentare i due "estremi" del gruppo. Simpatica la scelta di mettere sul booklet assieme ai testi anche qualche righe di presentazione ai relativi brani da parte dei musicisti del gruppo, scopriamo così che "Don't Count on Love" guarda ai Def Leppard ...vabbe', forse si poteva anche non scriverlo tanto era evidente. Ampio spazio nell'arco dell'album alle chitarre di Axel Ritt, scelta un po' controcorrente per il genere proposto, ma azzeccata, così come è perfetta in questo contesto la voce di Carsten Schulz. L'aspetto che invece apprezzo meno di questo album sono quelle uscite stile "discomusic" alle quali ricorrono talvolta le tastiere di Edmann Lange e l'atmosfera quasi pop di "Almost Eden". "The Artefact" è un album divertente e godibile, ed ho l'impressione che in Germania verrà sicuramente esaltato, forse esagerando anche un po', ma resta ad ogni modo un album che sarà di sicuro gradimento agli amanti del Melodic Rock.
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