Peccato. Il terzo cd degli Atomic Bitchwax segna la fine della loro corsa. Impossibile per Ed Mundell coniugare il suo progetto solista con il primario impegno nei Monster Magnet dell’esigente Wyndorf, quindi cala il sipario su una band di classe che aveva suscitato entusiasmi sin dal disco d’esordio datato 1999. “Spit blood” è in pratica un mini album che si rivolge in particolare ai fans della formazione, una sorta di testamento comprendente alcune tracce di nuova composizione, qualche vecchio brano inedito presumibilmente scartato dai precedenti due lavori, una cover degli AC-DC che non si discosta di molto dall’originale, la versione alternativa di “Liquor queen” anch’essa non particolarmente innovativa, ed un massiccio blocco di files multimediali dedicati a coloro che uniscono la passione della musica a quella del computer. Sono comunque sufficenti una manciata di canzoni per manifestare pienamente la qualità ed il valore di questo gruppo: “Get your gear” è un trip hard rock da manuale, originato dalla vecchia scuola settantiana alla quale Mundell e soci hanno sempre fatto riferimento, lo strumentale-mammoth “Cold day in hell” che gioca in modo scintillante sulla sfida tra l’axeman e l’articolata ritmica del fido Ackerman, le superbe aperture spaziali della title-track e della superjam “U want I should”, datata 1996, che non fanno che ingigantire il rimpianto per la prematura uscita di scena di una formazione lontana dagli stereotipi del genere e continuamente in grado di offrire una lettura fresca e personale delle ormai abusate influenze d’annata.
“Spit blood” è un’ottimo disco, indispensabile completamento per chi già conosce gli altri lavori dei Bitchwax, ma tenuto conto della sua brevità essenziale a coloro che sono interessati ad avvicinarsi a questa band consiglio di recuperare gli episodi “I” e “II” certamente più completi e corposi.
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