Seconda uscita per i mantovani Grinning Shadows che, a qualche anno di distanza, replicano all'esordio "Elegy In Blood" (2004), con una formazione che si è fatta più nutrita (siamo arrivati a ben sette musicisti) e dove si registrano anche alcune novità, con l'arrivo di una nuova vocalist, Silvia Rigoni, di un nuovo bassista, Daniele Dui, e l'inserimento di una seconda chitarra, quella di Tiziano Valente.
"Stains of Sin" si presenta subito in modo spettacolare, un elegante digipack racchiuso in un box nero con il logo del gruppo in bell'evidenza. Ma i Grinning Shadows sono in grado di offrire buone cose anche sul piano musicale, le nuove composizioni non si allontanano poi molto dal Gothic/Black Metal con cui li avevamo conosciuti ai tempi di "Elegy In Blood", se non per un leggero spostamento verso il Black Sinfonico. Sono evidenti i progressi nel songwriting e sopratutto a livello di arrangiamenti, purtroppo la produzione e la resa sonora non sopportano adeguatamente le sei canzoni, più intro, che compongono questo concept incentrato sulla figura della donna. Il compito di introdurre l'album spetta alla tenebrosa e sinfonica "Gates Of Erotica", che dopo un paio di minuti sfocia su "Sine Nomine", brano che ripropone il paragone con i primissimi Theatre of Tragedy e che allo stesso tempo ci permette di registrare diversi miglioramenti all'interno del gruppo, dal cantato di Mario Farina al lavoro delle due chitarre, ma anche la conferma di quanto di buono avevano già fatto in passato le tastiere di Lorenzo Pini. Da sottolineare anche come Silvia Rigoni sia riuscita a raccogliere l'eredità della precedente cantante, Sara Rossi, uscita dai Grinning Shadows poco dopo la realizzazione di "Elegy In Blood". Ritornando al nuovo lavoro, la terza traccia che incontriamo è "Dianne", che per le sue atmosfere decadenti e barocche può ricordare i Moonspell. Discorso simile per i brani che seguono, dalle grintose "Ophelia" (bella prova di forza di chitarre e tastiera) e "Scarlet" (dai riusciti e convincenti intrecci vocali, uno dei pezzi migliori dell'album), sino ad "Ivy" (con Silvia protagonista) ed infine alla conclusiva "Chimera", un pezzo che unisce l'impeto tipico dell'Heavy Metal ai toni malvagi propri del Black Metal.
Ritrovo dei Grinning Shadows sicuramente migliorati, ma sono convinto che faranno ancora meglio in futuro.
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