“
Digimortal” è considerato da molti l’album debole della discografia della prima parte di carriera della band, ciò per via di un presunto ammorbidimento nonché della concessione a derive nu metal.
Concettualmente le avvisaglie di una riscossa umana sulle macchine sono state già citate nel precedente album. Le macchine hanno capito che la loro evoluzione non può prescindere dall’essere umano, della cui intelligenza, nel bene come nel male, hanno preso la loro auto-coscienza. La consapevolezza di dipendere dall’uomo provoca frequenti crash di sistema, il quale è messo in crisi. In tutto questo, sprazzi di umanità emergono per rivendicare il proprio diritto ad auto-determinarsi. Sono gli stessi sprazzi di “
What Will Become?” e “
Back The Fuck Up”, con
B-Real, rapper dei
Cypress Hill, a duettare con
Burton C. Bell.
Come si diceva in apertura, con “
Digimortal” i
Fear Factory si spingono molto più in là di quanto fatto in precedenza, il che però non è sempre indice di qualità. Molta melodia, molto alternativismo, quasi che i
Fear Factory, tra i primi movers di certe sonorità, si mettessero a seguire il trend imperante, diventando dei “followers” quando in prima battuta erano dei “leaders”. Ad ogni modo brani come “
No One” e “
Linchpin” sono belle botte, e “
Acres Of Skin” rinverdisce i fasti del passato. “
Byte Block” e “
Hurt Conveyor” sono altri due pezzi che rimandano al passato, anche se non con la stessa eccelsa qualità e convinzione.
Resta il fatto che l’umanità riprende il controllo delle macchine ribelli, ma si trova di fronte ad un mondo devastato, un mondo da ricostruire, di cui “
Digimortal” è una perfetta proiezione, un ologramma significativo, un prodotto totalmente “umano”.
Il disco in questione è considerato come un passo falso, ma io credo che invece sia il disco che i
Fear Factory dovevano fare in quel preciso momento storico. E poco importa che sia il frutto di una sorta di braccio di ferro tra i membri della band circa la direzione da intraprendere, cosa che porterà di lì a poco allo scioglimento.
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