Ho
scoperto i
Manowar in occasione del loro secondo album, "Into Glory Ride" (1983), ed ho messo le mani sul loro esordio solo in un secondo tempo, praticamente in contemporanea al successivo "Hail to England" (1984).
L'aver ascoltato "Battle Hymns" fuori del suo contesto cronologico aveva sicuramente contribuito a mettere maggiormente in risalto il taglio più Hard & Heavy di alcuni brani, se paragonati alle atmosfere epiche, e talvolta più oscure, dei lavori che gli erano susseguiti, anche se su questo album troviamo uno dei momenti migliori e rappresentativi che ha espresso il Metal in campo Epic: "Battle Hymn", un capolavoro che miriadi di gruppi non incideranno mai a dispetto di una più o meno nutrita discografia, e che i Manowar hanno piazzato già al debutto discografico.
Dopo diverse esperienze, più o meno importanti, Joey DeMaio, Eric Adams, Ross The Boss e Donnie Hamzick si ritrovano assieme ai Criteria Recordings per incidere il primo lavoro di una lunga e fortunata carriera, nel corso della quale i due unici punti fermi saranno i soli Joey DeMaio ed Eric Adams.
Il tutto prende il via proprio da "Death Tone", con le sue Harley rombanti ed un attacco sferzante, potente ed heavy, per quanto dalla velocità contenuta, con un Eric Adams subito stellare e dove Ross The Boss piazza un azzeccatissimo assolo. Ancora
metallo pesante con "Metal Daze", altra dichiarazione di intenti pienamente mantenuta da parte dei Manowar, un vero e proprio anthem che dal vivo ha sempre lasciato il segno. Se la doppietta iniziale non ha ecceduto nella velocità, il compito di rimediare, già a partire dal titolo, tocca a "Fast Taker", con dei passaggi che esaltano l'ugola di Eric Adams e con un Joey DeMaio in grande spolvero. Forse fin troppo sottovalutato "Shell Shock" è invece un ottimo brano, vibrante ed un po' oscuro, ben costruito intorno ad un testo che parla di guerra, o meglio delle sue conseguenze sui reduci, ma senza quella enfasi eroica che spesso ritroveremo nel prosieguo della loro carriera.
Se la prima metà del disco è maggiormente orientata ad un suono roccioso e legato a soluzioni più classiche, la seconda lascia trapelare l'impronta epica del gruppo, che i nostri inaugurano con l'autocelebrativa "Manowar", subito trascinante e con il basso di Joey DeMaio in pole position a tirare la volata al gruppo, mentre Donnie Hamzick tira delle discrete mazzate al suo drum kit, andando a dispiegare quel tappeto ritmico su cui si staglia l'ennesimo assolo di Ross The Boss.
Con l'evocativa "Dark Avenger" le cose si fanno davvero
serie, per un inizio subito distorto e poi cupo ed evocativo, sia per il guitarwork di Ross the Boss sia per il cantato di Eric Adams, con la formidabile partecipazione di Orson Welles nella parte narrata, e per quel suo finale in crescita, epico ed arroventato dal furore dei Manowar, la canzone che getta un ipotetico ponte verso quello che sarà l'album successivo: "Into Glory Ride".
La strumentale "William's Tale" ha invece il duplice compito di placare la sete di protagonismo di DeMaio, che affronta il "Guglielmo Tell" di Rossini, e di preparare il terreno alla conclusiva "Battle Hymn".
Ho già definito questa canzone come un capolavoro, e lo dimostra sin dalle prime note che escono dal basso di DeMaio, poi è il drumming secco e preciso di Donnie Hamzick a dare il via all'apoteosi epica, con tutto il gruppo sugli scudi, anche se Adams è quello che più degli altri si erge vittorioso, tanto nel break melodico quanto nello spiritato e trionfante finale. Un inno di battaglia fattosi musica...
Metal ... ovviamente!
Un classico, e se i Manowar hanno poi saputo realizzare altri dischi di pari valore, seppur dal maggior successo commerciale, un esordio così se lo sognano in molti.
Victory! Victory!