Non ricordo quanti anni sono passati da quando ascoltai per la prima volta
La Masquerade Infernale; a occhio almeno una ventina, comunque un po' di tempo dopo la sua pubblicazione (risalente al 1997).
Ricordo però distintamente la sensazione di certezza di non aver mai messo le mani su qualcosa di simile, e la percezione di aver scoperto non solo una band immensa, gli
Arcturus, ma un intero genere, l'avantgarde, che da allora è entrato nel novero dei miei preferiti in assoluto e di cui, a conti fatti, questo disco rappresenta per me l'archetipo.
Follia, opulenza, genialità.
Questi i primi concetti che le sinapsi mi trasmettono quando vengono stimolate dalla voce calda e corposa di
Kristoffer Rygg (qui celato dallo pseudonimo
G. Wolf ma noto ai più come
Garm), che nella sua teatralità si alterna, si scontra e si fonde con quella più lieve e nordica di
Simen Hestnæs (giunto alla fama con il nome d'arte
ICS Vortex), o quando vengono accarezzate da arrangiamenti che fluttuano tra la leggerezza di una piuma che ondeggia nel cielo e l'intensità schizofrenica di una giostra impazzita.
Un flusso continuo di trovate destabilizzanti, una vorticosa girandola di sensazioni contrastanti che, poggiando sul tappeto ritmico creato da un altro pilastro della scena (estrema, ma non solo) scandinava,
Jan Axel Blomberg (alias
Hellhammer), priva l'ascoltatore di qualsiasi sana certezza per catapultarlo in un mondo che riesce ad essere etereo e terreno al tempo stesso: una sorta di dimensione magica sospesa nel tempo in cui si è lucidamente consapevoli di assistere ad una rappresentazione di fantasia che al contempo, e qui sta tutta l'unicità, risulta perfettamente autentica e credibile.
Pochi gruppi come gli Arcturus sono riusciti ad incarnare le caratteristiche di una corrente musicale al punto da diventarne prima ambasciatori e poi sovrani, continuando ad esplorare le vastità del cosmo spinti dal desidero di cercare, di crescere, di evolversi pur (ed anzi proprio per questo) rimanendo tremendamente coerenti.
Punto più alto (per me, sia chiaro) di una discografia che risplende per qualità come poche altre nel panorama del metal tutto, "La Masquerade Infernale" ancora oggi, a quasi 25 anni dalla sua uscita, stupisce per la mirabile alchimia che sprigiona e soprattutto per la sua propensione ad andare oltre, ridefinendo, o meglio annichilendo, quei confini che molti hanno cari perché sono sinonimo di sicurezza ma che, nel momento in cui si trasformano in rigidi steccati, non aspettano altro che l'arrivo di qualcuno talmente coraggioso (o pazzo) da provare ad abbatterli, o quanto meno a spostarli un po' più in là.
Recensione a cura di
diego