Ultimamente la scena spagnola sta crescendo moltissimo, sia in quantità che (fortunatamente) in qualità. Prime movers sono state tutte quelle band iberiche (Avalanch, Mago de Oz et similia) cresciute a pane ed Iron Maiden, poi è venuto il turno di alcune valide proposte hard rock (Airless e Medina Azahara, versione locale degli Scorpions), ora tocca ai Pyramid, già autori di due album "The Immaculate Lie" e "Pyramid" e meglio conosciuti come i Dream Theater delle Ramblas...La loro prova è ambiziosa, tant'è che si cimentano in un concept su uno degli artisti più famosi e rispettati della loro città: il celebre architetto Antonio Gaudì. Si gioca in casa dunque, ma guarda tu il destino è proprio la "rivale" madrilena Locomotive (scherzo ovviamente) a far uscire "Gaudì's Legacy", disco composto di undici brani all'insegna del più tecnico e vorticoso metal progressivo. I pezzi girano tutti su una durata media di cinque-sei minuti e sono quanto di più complesso mi sia capiatato di sentire ultimamente: sezione ritmica sempre in evidenza, infarcita di tempi dispari e stacchi continui, fraseggi incrociati chitarra-tastiere, intermezzi jazzati, mischiati a suoni dal vago sapore psichedelico. Tutto ciò che vi ho brevemente descritto è contenuto, più o meno, in ogni singolo episodio del concept. Particolarmente degne di nota "Sons Of Gaudi", "The Architect Of God" e la suite in tre movimenti "The Guell's Dragons", dedicata allo stupendo parco di Barcellona. A dispetto di una prova eccellente degli strumentisti (davvero da brividi la sezione ritmica di Roger Guardia e Manu Garcia), ho ravvisato nel singer Javier Cespedes il punto debole del gruppo. Raramente le sue vocals sono incisive, e sebbene le parti cantate del disco siano in netta minoranza rispetto a quelle strumentali, le ultime si lasciano preferire di gran lunga...Si capisce senza dubbio che i Pyramid hanno esperienza e masticano molto bene la loro materia (Dream Theater docet!), e l'aver suonato su palchi importanti come il Rock Machina Festival ne è solo la conferma, ma secondo me il disco soffre degli stessi difetti che colpiscono il genere: il troppo abusare di tecnica che finisce per essere un puro esercizio di stile, melodie non irrestibili che fanno fatica a stamparsi in testa e cantanti spesso soffocati dallo spessore degli altri musicisti. Ancora una volta mi trovo a pensare che di "Images and Words" c'è n'è uno solo e finora rimane ineguagliato...
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