Poco meno di 2 anni dopo lo strepitoso debutto omonimo i
Dark Quarterer danno alle stampe
The Etruscan Prophecy (anche se, come per il primo disco, non sono purtroppo in possesso dell’originale ma di una ristampa, in questo caso ad opera della Metal Legion / Comet Records e risalente al 2002).
Dal punto di vista stilistico i tre musicisti di Piombino, che per alcuni aspetti decidono di trarre ispirazione dalla storia millenaria della loro città, riprendono il discorso iniziato proprio con Dark Quarterer, forse perdendo qualcosa in freschezza ma arricchendo la proposta grazie ad una maggiore consapevolezza.
Viene dunque riproposta a buon diritto la medesima formula, assolutamente originale, caratterizzata da
atmosfere epiche, avvolgenti e morbose e da
liriche misteriose ed oscure, il tutto valorizzato in questa occasione da una produzione decisamente migliore.
L’identità del gruppo si è ulteriormente definita e tutto appare perfettamente a fuoco.
Retributioner è un’apertura di altissimo livello, che si assesta su ritmi decisi, esaltati dal riffing saturo e pieno di
Fulberto Serena, con
Piercing Hail che le fa da degno contraltare grazie ad armonie dilatate che mettono in risalto la timbrica del tutto peculiare di
Gianni Nepi.
Ma il cuore pulsante dell’album risiede a parer mio nel binomio costituito dalla title-track, brano carico di suggestioni solenni e tenebrose, trascinante nell’incedere e impreziosito dalle acrobazie vocali di un Nepi stratosferico, e dalla successiva
Devil Stroke, canzone dall’impatto devastante anche grazie al lavoro di
Paolo ‘Nipa’ Ninci dietro le pelli e marchiata da un testo maligno, che annovero tra le mie preferite del gruppo toscano.
Se appare quasi superfluo evidenziare ancora una volta la tecnica dei singoli, non si può proprio evitare di porre nuovamente l’accento sull’
alone epico-progressivo che permea tutte le composizioni, donando loro un
fascino magico ed arcaico che non solo resiste all’usura del tempo ma avviluppa l’ascoltatore sempre di più ad ogni passaggio.
In generale tutte le tracce brillano per la
superba qualità compositiva e per l’interpretazione che i nostri ci regalano, quasi a voler rimarcare quanto una tale bravura avrebbe meritato un successo di proporzioni ben più ampie di quello effettivamente ottenuto, anche se loro stessi, in più di un’occasione, hanno ribadito come l’essere considerati una
band di culto, fondamentalmente associabile al classico concetto di ‘underground’, non abbia mai rappresentato un cruccio ma anzi la gradita conferma di un’
inossidabile coerenza artistica, appannaggio di chi si è sempre tenuto
lontano dalle mode e dai compromessi.
Ultimo disco dei Dark Quarterer a vedere la partecipazione di Fulberto Serena prima del suo abbandono,
The Etruscan Prophecy non è niente di meno che un caposaldo del metal più puro, vero e incontaminato che possiate immaginare e, abbinato al debutto, forma a mio modesto avviso una doppietta praticamente inarrivabile.
Recensione a cura di
diego
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