I
Taake di
Hoest, dopo il bellissimo esordio rappresentato da
“Nattestid Ser Porten Vid” (“La notte scruta l’ampio cancello”), si ripresentarono nel 2002 con il secondo capitolo della loro trilogia,
“Over Bjoergvin graater himmerik” (“Il cielo sopra Bergen piange”), sempre sotto l’egida dell’italiana
Wounded Love Records.
Hoest, per le registrazioni di questo album, anziché affidarsi ad un unico turnista, come fece con
Tundra, decise di dar vita ad una vera e propria band, incorporando nella line-up
C. Corax alla seconda chitarra, la sua fidanzata del tempo,
Keridwen (R.I.P. 2015), al basso e al pianoforte, e
Mutt alle pelli.
La costruzione di
“Over Bjoergvin graater himmerik” è la medesima del suo predecessore, presentandosi, dunque, anch’esso diviso in sette capitoli dall’omonimo nome.
Qui i suoni sono leggermente meno gelidi e si fanno più preponderanti le influenze derivate dal metal classico e dalla N.W.O.B.H.M., insieme a un certo piglio rock/punk che emerge con più prepotenza, avvicinando così i
Taake agli amici e compagni di palco del versante di Oslo, i
Carpathian Forest.
La struttura dei brani è piuttosto diretta e vengono rispettati abbastanza fedelmente i canoni della forma canzone; tuttavia prendono maggiormente campo le tendenze progressive e vi è un lieve calo della violenza rispetto a
“Nattestid Ser Porten Vid”.
La produzione è stata svolta, nel segno della continuità con il loro esordio, in uno dei templi del black metal, i Grieghallen studios, sempre sotto la supervisione del maestro
Eirik Hundvin (
Immortal,
Burzum,
Borknagar,
Enslaved,
Emperor,
Gorgoroth,
Windir, ecc.ecc.) affiancato dai compari
Pytten,
Davide Bertolini e
Herbrand Larsen.
Questa si presenta ancora più accurata e di qualità rispetto a quella del debutto, e come già accennato, moderatamente meno glaciale; bensì in grado di far emergere nella loro pienezza, dalla tormenta di metallo scatenata dai norvegesi, tutte le peculiarità dei vari strumenti; compresi quelli di contorno come le chitarre acustiche, il pianoforte o la sensazionale resa sonora, ipnotica, dello scaccia pensieri che stupisce, e al contempo “diverte”, nel terzo capitolo.
La qualità del songwriting raggiunta dai
Taake in questo secondo lavoro è forse lo zenit della loro carriera, e uno vertici del black metal nella sua interezza.
Non vi è una nota fuori posto, e la materia nera – pur senza essere reinventata – viene accuratamente riplasmata e fatta stridere, dal dominio inarrestabile, della capacità di soggettivazione che solo un artista poliedrico del calibro di
Hoest può raggiungere.
“Over Bjoergvin graater himmerik” sonda le profondità dell’esistenza, scruta l’abisso senza timore, e lo fa con il coraggio epico che è proprio degli eroi.
Ardore di conoscenza che trasuda da ogni sua nota, così disperata e al contempo maledettamente epica ed esaltante.
“Le lacrime del cielo sferzano
sul muso
Intorno ai pilastri scuri degli alberi
la tempesta non ha occhi
Ciò comporta dei rischi
là fuori”[Over Bjoergvin graater himmerik II]
Vi è una disperazione poetica che scorre sul doppio filo della follia e del contraltare della non rassegnazione.
Una poesia, decadente, che si disvela in tutta la sua folgore nel perpetuo destituirsi della parola all’oblio del gorgo sonoro, che senza pietà alcuna, ogni qual volta la risucchia al suo interno.
Per comprendere il secondo lavoro dei giovani norvegesi, provate ad immaginare di tracciare, nella vostra fantasia, una linea nera sull’orizzonte brumoso di una giornata tempestosa… Le sue colate verticali rappresentano il cielo sopra Bergen che piange.
Chiudete gli occhi, guardate in faccia la futilità dell’esistenza.
Sarà il vostro cielo a piangere, insieme al pianoforte che introduce l’atto terminale dell’opera.
Sentirete affiorare, dal vostro interno, l’urlo della sua chitarra straziata che ne cala il sipario.
Recensione a cura di
DiX88