Copertina 5

Info

Genere:Black Metal
Anno di uscita:2007
Durata:51 min.
Etichetta:Moribund Records
Distribuzione:Masterpiece

Tracklist

  1. REGNUM SATANI (IN LEAGUE WITH SATAN WE RIDE)
  2. TENIEBLAS - TENOCHTITLAN
  3. MOTLATITO YN QUETZALCOATL
  4. SUMMONING SELF-DESTRUCTION
  5. OMITZHUICAZQUIA TEZCATLIPOCA
  6. FROM SIN TO HONOUR
  7. RIDE THEE NEBULAH
  8. YA NOTSI DE HUITZIL
  9. REX FUNEBRE
  10. SERPENTS OV SMOKE
  11. HUNGER OF THE UNDEAD

Line up

  • Antimo Buonnano: vocals, guitars, bass
  • Oscar Garcìa: drums

Voto medio utenti

"Molto rumore per nulla". Così probabilmente avrebbe sentenziato Shakespeare se fosse stato metallaro e avesse ascoltato questo album degli Hacavitz, duo black/death metal proveniente dall'assolato Messico. Il motivo di tale affermazione è molto semplice: nonostante il gruppo paventi recensioni entusiastiche ed un ruolo di band di culto nel panorama estremo attuale, "Katun" si rivela per quello che in realtà è, ossia un concentrato di tutti i clichè e di tutti gli elementi caratteristici del black/death che ormai più di dieci anni fa vide la luce e segnò profondamente la musica estrema. Ecco quindi batteria ferocissima, blast beats a ripetizione, un instancabile attacco sonoro, con chitarre distorte all'inverosimile e dai suoni tutt'altro che curati, che costituiscono un assalto continuo portato avanti per tutto il disco. Una colata incandescente di metallo nero, malvagio, sulfureo che non lascia via di scampo. Detta in questi termini, parrebbe quasi che "Katun" sia un disco eccellente, ma la realtà dei fatti non è proprio questa: focalizzando troppo sull'impatto, il gruppo perde di vista quelli che sono i pezzi, qui non solo stereotipati all'ennesima potenza, ma che sembrano fatti con lo stampino, anche perchè la registrazione non è che permetta di apprezzare bene lo svolgersi delle canzoni. Di fatto quindi si assiste a 51 minuti di batteria tritatutto con qualche sbrolodìo di chitarre e una voce ovviamente sporca ed aggressiva. Va tuttavia dato merito agli Hacavitz di non aver ripreso le tipiche tematiche del black norvegese tutto cristi putrefatti e deliri anticristiani, ma di trattare temi legati alla cultura azteca, decisamente più vicina alle origini del gruppo.
In definitiva, siamo di fronte ad un disco che si prefigge si portare avanti un discorso musicale volutamente retrò e ben codificato, con pochissime possibilità di dire veramente qualcosa di originale ed interessante. Possibilità che manco a dirlo gli Hacavitz non sono in grado di sfruttare, finendo con il proporre un disco che oltre all'oltranzismo sonoro ha poco o nulla da offrire. Veramente tanto baccano per nulla.
Recensione a cura di Michele ’Coroner’ Segata

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