Anche se si muovono su coordinate differenti è un piacere ricevere dalla fredda Svezia una seconda perla black metal in questo 2007, ed ecco quindi che dopo l’ottimo “Sworn to the dark” dei Watain ci pensano i Nifelheim a tenere accesa la nera fiamma.
Certo non si può dire che la band dei gemelli Hellbutcher e Tyrant sia una delle più prolifiche della storia del metal, visto che in diciassette anni di carriera ha sfornato solo quattro album, l’ultimo dei quali, “Envoy of Lucifer”, appunto, a ben sette anni dal suo predecessore, ma se ci pensate bene questo non è necessariamente un aspetto negativo, anzi… Per la serie poco ma buono, i nostri svedesotti preferiscono tirar fuori solo prodotti di qualità, come in questo caso, e io appoggio pienamente la loro scelta. Meglio sicuramente di tante band che inflazionano il mercato con una serie infinita di prodotti inutili…
Detto ciò, cosa aspettarsi dai Nifelheim se non un attacco black thrash ‘in your face’, senza compromesso alcuno? Il cd parte subito in quarta con la micidiale “Infernal flame of destruction” e prosegue così fino alla conclusiva “No more life”, lasciando l’ascoltatore annichilito davanti a tanta sapiente violenza.
Di certo “Envoy of Lucifer” non è un disco innovativo o con pretese avanguardistiche, ma chi lo vorrebbe mai dai Nifelheim? Nessuno credo, ed è proprio questa loro coerenza che pur non avendogli mai regalato un fortissimo successo di pubblico ha fatto guadagnare al gruppo lo status di cult band e una manica di fans assatanati e fedeli.
In questo cd troverete tutto ciò che è lecito aspettarsi da loro, e cioè una manciata di canzoni legate a doppia mandata con un certo tipo di metal estremo, più precisamente quello primordiale, quello di band storiche come Hellhammer, Venom e naturalmente Bathory, il tutto sapientemente indurito da forti innesti thrash e impreziosito da assoli dal sapore spiccatamente classic.
Inutile dire che a fare da collante a tutto questo c’è l’inconfondibile voce malata e morbosa di Hellbutcher, gelida e violenta al punto giusto, che vomita sull’ascoltatore liriche maligne e sataniche come tradizione vuole. Onde evitare equivoci è bene sottolineare un altro aspetto che potrebbe eliminare qualche dubbio riguardo la produzione: nonostante il songwriting della band sia fortemente legato al passato non si può dire lo stesso del sound, che è fresco e moderno, pulito ma al tempo stesso violento. Insomma, un cd dei nostri giorni, ma con lo spirito dei tempi che furono…
Oltretutto i tre compari che accompagnano i gemelli sanno il fatto loro (non per niente i due chitarristi suonano anche nei Necrophobic) e rendono le loro parti davvero taglienti e convincenti.
Dopo la micidiale opener è “Evocation of the end” a continuare il massacro, sempre a velocità elevata, mentre la successiva “Open the gates of damnation” è leggermente più lenta delle precedenti. “Claws of death” fa tornare alla mente in più di un’occasione i grandiosi Celtic Frost, mentre la titletrack mostra il lato più oscuro e prettamente black della band. Con “Raging flames” e “Belial’s prey” si torna a pestare duro sui denti degli ascoltatori, mentre la conclusiva “No more life” ha un andamento molto tetro e particolare ed è una sorta di mix di tutte le influenze presenti nell’album.
Sicuramente “Envoy of Lucifer” è uno degli album estremi dell’anno, genuino e senza pretese, specchio fedele di una band che da sempre ha portato avanti con passione un certo tipo di discorso senza mai deludere i propri fans, e anche questa volta ci è riuscita. Onore ai Nifelheim…
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