Lo stesso Garm ha definito "Shadows Of The Sun" il disco più dark della discografia degli Ulver, e non possiamo che dargli ragione!
Certo, in passato i lupi norvegesi ci hanno regalato altri album pennellati a tinte fosche, ma senza mai spingersi così a fondo nell'oscurità.
Non c'è solo buio, comunque, ma anche tanta speranza che trasuda dai solchi di questa musica, struggente come l'immagine raffigurata in copertina.
La parola giusta per descrivere "Shadows Of The Sun" sarebbe 'intimo': mai prima d'ora gli Ulver hanno composto qualcosa di così raccolto, sfogando la loro passione per la musica atmosferica, pianistica, da camera, grazie anche alla partecipazione del quartetto d'archi di Oslo.
Per l'occasione vengono anche prevalentemente abbandonate da Garm le interpretazioni vocali molto teatrali sfoggiate sugli ultimi dischi, per abbassarsi a tonalità più basse e contenute, quasi sussurrate. Raramente gli echi del passato si fanno più prepotenti, e questo accade in particolare nella seconda parte dell'album, dalla title track in poi.
I primi quattro pezzi sono invece un unico continuum da lacrime agli occhi, tanto sono dolci e delicate le composizioni. Grande cura è stata riservata come al solito agli arrangiamenti: sapienti interventi di percussioni, tromba, theremin (suonato addirittura dal guru Pamelia Kurstin!) squarciano le composizioni, rompendo la calma per poi scomparire in maniera repentina.
Altrettanta attenzione è stata dedicata alle tematiche trattate, che trattano temi esistenziali come la vita, la morte, la solitudine, l'amore. Viene quasi da chiedersi cosa sia successo a Garm e soci negli ultimi anni... "Shadows Of The Sun" è così lontano dalle provocazioni, dalle quasi esagerazioni di "Blood Inside".
E' un lavoro che mostra il lato più nascosto di una band che da oltre dieci anni non smette mai di stupire, confermandosi una delle più geniali in circolazione.
Fatelo vostro, e se non dovesse piacervi... probabilmente non avete un cuore.