Arrivano dalla provincia di Caserta i Partenos Petras e questo loro “De anarchia obscurorum seculorum” è il loro EP di debutto.
In realtà dietro questo moniker si cela una vecchia conoscenza della scena estrema campana, in quanto Antonio Zannone era anche la mente e il leader dei Lord Milos, band con due demo all’attivo.
Sciolti i Lord Milos, Andrea insieme al fratello Gianluca alla batteria e Francesco Martino al basso (già entrambi presenti nel precedente progetto) mette su questo nuovo progetto che si differenzia dal precedente per uno stile più compatto e incisivo.
Il concept che si cela dietro questo debutto è legato al Medioevo, e in particolare al suo aspetto più cupo e violento, che ben si lega alle sonorità black metal dei nostri. Anche se in realtà di black si può parlare solo in parte, visto che sia come sonorità che come rifframa ci troviamo spesso e volentieri ai limiti del thrash. Gli aspetti più oscuri e propriamente black metal sono riscontrabili nella timbrica di Antonio e in alcuni, isolati, blast beat.
In generale quello che emerge dall’ascolto è una certa compattezza compositiva, che se da una parte contribuisce a creare un buon muro sonoro, abbastanza esasperante per l’ascoltatore, dall’altra rende il cd un po’ monotono e ripetitivo.
Altra cosa non molto positiva è il fatto che la band ancora non ha uno stile ben definito, e le molteplici influenze che saltano fuori durante le cinque tracce (escludiamo Intro e Outro) sembrano messe lì un po’ a caso, e non ben amalgamate.
Detto ciò, c’è comunque qualcosa di buono nell’EP, ma niente che faccia gridare al miracolo. “De anarchia obscurorum seculorum” difficilmente solleverà le sorti di un genere agonizzante da un po’ di tempo a questa parte, né verrà ricordato come pietra miliare della scena estrema italiana. È un buon prodotto, ma niente più…
Tra le tracce presenti segnalerei la buona “The end of monotheist” e “Terrorist metal”, assestata su sonorità più black/thrash rispetto al resto del cd, quindi più immediata e letale. Per il resto buoni sono gli intermezzi acustici affidati a chitarre classiche, bouzouki, violino e violoncello, anche se in alcuni casi restano un po’ appesi, messi lì quasi per caso, non danno l’idea di essere parte del brano.
Se si fosse trattato di un debutto non sarebbe stato niente male tutto sommato… calcolando invece che, al di là del nome della band, si tratta del terzo lavoro, beh, era lecito attendersi qualcosa di più, un po’ più di personalità nel songwriting, soluzioni magari meno scontate…
Promossi, ma con riserva…
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