Dopo il parziale ritorno al passato con i Distant Thunder, assieme al leggendario Jerry Abarça, era lecito attendersi una reunion degli
Helstar nella versione originale e sotto il monicker che ben conosciamo e ricordiamo.
Ed ecco infatti che il buon James Rivera, sempre con Jerry Abarça al suo fianco, organizza la grande rimpatriata rimettendo in piedi la line up dello storico "Remnants of War", ad eccezione del batterista, visto che al posto di Rene Luna abbiamo Russell DeLeon (su "Multiples of Black").
Per chi con gli Helstar ci è cresciuto e crede che "Nosferatu", così come il suo predecessore "A Distant Thunder" sia tra i migliori album di tutti i tempi nel campo del metal, non potè che essere una buona notizia, in attesa della prima pubblicazione del nuovo corso.
E l'album è arrivato. Forse bene, forse male, si tratta non di un album vero e proprio di inediti, ma di una sorta di "best of" dei brani migliori del passato ri-registrati con la line-up attuale e con una produzione del 2007.
"Sins of the Past" viaggia trasversalmente da "Burning Star" fino a "Nosferatu" riproponendoci in modo impeccabilmente fedele le migliori e irraggiungibili gemme del passato. Certo, qualche assenza pesa ("To Sleep, Per Chance to Scream?") ma già arriviamo a superare l'ora con questi brani, parziale sunto di una lunga carriera.
Chi temeva, come il sottoscritto, di sentire l'assenza di Andre Corbin alla chitarra, nei brani dell'articolato e virtuosistico "Nosferatu", verrà piacevolmente smentito, perchè Barragan e Trevino riescono senza problema alcuno a ricreare le intricate maglie melodiche oscure dei brani più complicati, come "Baptized in Blood" o "Harker's Tale".
Stupisce come nulla o quasi sia cambiato nella voce di James Rivera nonostante gli anni trascorsi; stessa emotività, stessa estensione, stessa atmosfera unica e personale.
Come non commuoversi riascoltando a tanti anni di distanza gli Helstar suonare brani come "Dracula's Castle" o "The King is Dead"?
Come una maestria inaudita, un'emotività che più unica che rara, una tecnica indiscutibilmente sopra la media, gli Helstar si ripresentano con questo "Sins of the Past" come se volessero fare un breve riassunto da dove li avevamo lasciati (non consideriamo "Multiples of Black" per pietà) e prepararci al futuro.
E un'anteprima del futuro arriva, infatti, con i due inediti finali, che potrebbero essere usciti tranquillamente dalle session di "Distant Thunder" o "Nosferatu". Oscure, maligne, ricercate, le due "Tormentor" e "Caress Of The Dead" sono l'assaggio ideale per lasciare i fans di vecchia data in trepidante attesa.
Ma per ora ci può comunque bastare questo amarcord, questo tuffo nel passato, con brani vetusti rispolverati e ancora in grado di commuoverci ed emozionarci con un brivido lungo la schiena.