Gli ormai celebri Korpiklaani giungono al traguardo del quinto album nel notevole arco di soli cinque anni. Il precedente lavoro, "Tervaskanto" del 2007, faceva registrare un preoccupante calo di ispirazione per i sei nordici, con un pugno di canzoni veloci e orecchiabili, ma tutto sommato scontate e deludenti sul piano della varietà e del coinvolgimento. Insomma, niente a che vedere con l'ottimo "Tales Along This Road", uscito solo l'anno prima e forte di brani di gran lunga più validi.
Serviva una risposta convincente, che per fortuna è arrivata in tempi rapidissimi con questo "Korven Kuningas", decisamente superiore al precedente da tutti i punti di vista.
Se "Tervaskanto" sembrava voler relegare la componente metal in secondo piano, per favorire quella più folk, "Korven Kuningas" mette immediatamente le cose in chiaro con i primi secondi di "Tapporauta": un riffone di chiaro stampo thrash introduce un brano compatto e veloce, che ci restituisce i Korpiklaani in smagliante forma "metallica". Questa volta, folk e metal vanno perfettamente a braccetto, così come in tutto il resto dell'album, che presenta un ottimo bilanciamento fra chitarre distorte, voce aggressiva e ritmi sostenuti da una parte, e violino, fisarmonica, flauti e canti tradizionali dall'altra.
Con la scanzonata "Metsämies" il sound torna quello familiare del "Clan della foresta", a proprio agio con melodie dal sapore antico e cori da birreria, sempre e comunque sostenuti da un solido tappeto ritmico.
L'incedere sornione del primo singolo, "Keep On Galloping", rappresenta uno dei migliori momenti del disco, in una canzone cadenzata e dal bel refrain, che richiama vagamente il brano simbolo della band, guarda caso intitolato "Korpiklaani" e presente sul terzo album.
Già dopo tre brani, in sostanza, si respira un'atmosfera diversa da quella piuttosto fiacca del disco precedente: la sensazione è quella di trovarsi fra le mani un lavoro più maturo, più vario e più convincente, in cui la band "osa" maggiormente sia dal punto di vista dell'impatto, che da quello della presenza di sonorità tradizionali, come testimoniato dall'uso di cori e strumenti etnici. Un perfetto esempio di quanto affermato è la successiva "Nothern Fall", stupendo episodio caratterizzato da un coinvolgente riff di violino e fisarmonica, ripreso anche nel coro dal suggestivo
yoiking di Jonne Järvelä, il tutto senza mai dimenticare la matrice metal del gruppo.
"Shall We Take A Turn?" (strumentale), "Paljon On Koskessa Kiviä" (un titolo più complicato no?!) e "Ali Jäisten Vetten" sono pezzi assolutamente classici per la band, quel tipo di canzoni che tutti i fans sperano di trovare in un loro album: trascinanti, costantemente in bilico fra tradizione e heavy metal e di buon livello.
Con "Gods On Fire", uno dei rari titoli interamente cantati in inglese, si ha il primo significativo rallentamento nei ritmi, con quella che è a tutti gli effetti una ballad: brano non particolarmente esaltante, a dire il vero, ma che mantiene in ogni caso un livello più che discreto.
"Kantaiso" riporta il sound su binari più sostenuti, conditi da mandolini e violini sapientemente mischiati alla doppia cassa e all'immancabile coro da battaglia.
Si arriva quindi a "Kipumylly", una delle canzoni più particolari, forte di una ritmica sincopata, arricchita dalle percussioni e da una linea vocale quantomeno inusuale per i Korpiklaani. L'esperimento però funziona e si tratta di uno degli episodi meglio riusciti, grazie al suo andamento particolare e alla sua atmosfera quasi mistica.
Grande spazio alle chitarre elettriche nella più classica "Suden Jioku", molto heavy nella strofa e più "sparata" nel refrain, mentre nell'altrettanto heavy "Runamoine" è la fisarmonica a farla da padrone, in un brano davvero spettacolare, veloce, urlato e degno dei Korpiklaani più ispirati.
I toni plumbei di "Syntykoski Syömmehessäin" (tanto per continuare coi titoli semplici...!) ci offrono tre minuti da brividi, che sfociano poi nella solenne title track, che conclude il disco con assoluta maestria, alternando passaggi altamente evocativi ad una cavalcata folk/metal dominata dagli strumenti classici di Juho e Hittavainen e chiusa da percussioni dal sapore antico e sinistro.
Come avrete probabilmente intuito, l'impressione su questa nuova fatica dei Korpiklaani è molto positiva: "Korven Kuningas" è un album davvero valido, che capitalizza nel migliore dei modi l'esperienza accumulata dal gruppo nei quattro dischi precedenti. Ad un episodio poco ispirato, i finnici hanno replicato con un lavoro perfettamente bilanciato, in grado di incorporare senza alcun cedimento elementi prettamente folcloristici in un contesto metal, così come era stato fatto agli esordi. La differenza fra questo album e i primi, però, è che i Korpiklaani sono maturati come musicisti e sembrano avere una confidenza sempre maggiore nei propri mezzi, il che si riflette senza dubbio nella resa finale di "Korven Kuningas". Se a ciò si aggiunge una produzione anni luce superiore, rispetto a uno "Spirit Of The Forest", si ottiene un disco che tutti i fans della band, nonché tutti gli amanti di folk/metal, dovrebbero seriamente considerare di acquistare a scatola chiusa.