Sarebbe sufficiente il minuto scarso della prima traccia "(515)", il prefisso telefonico dello Stato che dà il nome al secondo full-lenght dei nove di Des Moines, per dare un'idea istantanea di ciò che si sta per ascoltare. Mormorii disturbati e grida di qualcuno o "qualcosa" che cerca di liberarsi da una condizione di malata disperazione.
Eh, sì, perchè gli
Slipknot si ripetono, rimarcando quanto duro e alienante sia crescere in mezzo al nulla, sapendo di non contare niente.
Lasciare sfilare la propria esistenza sentendoti inadeguato.
Provare repulsione per ciò che ti circonda e non riconoscerti in esso, ma rimanendone inevitabilmente ingabbiato.
"People = Shit" è quanto di più eloquente riguardo a questa condizione esistenziale.
Una dichiarazione d'intenti e di pensiero.
Nichilismo; no, anzi, cinismo. Ma un cinismo volto alla ricerca di un autarchico disprezzo.
La serrata e quasi Hardcore "Disasterpiece", grazie alla sua struttura groovy è un ottimo viatico per introdurre quello che è il pezzo forse più simile alla pluriincensata "Wait and Bleed".
Stessa posizione in scaletta, medesime clean vocals nel ritornello, purtroppo non identico il risultato. Comunque una song interessante.
Giunge l'ora dell'accoppiata che da sola eleva il platter al ruolo di
masterpiece nella discografia tutta di Taylor e Soci.
"Everything Ends" e "The Heretic Anthem", uscita anche come primo singolo, sono terremotanti, paranoiche, vendicative. La giusta commistione tra violenza sonora e melodia le rende davvero irresistibili.
"Se tu sei 555, allora io sono 666" ... serve aggiungere altro?
Strisciante e meditabonda, "Gently", offre una pausa allo squisito assalto sonoro fin qui perpetrato ai nostri apparati uditivi.
Idealmente è il giro di boa dell'album e a me, forse in modo inconscio, ricorda il Noise dei Sonic Youth, filtrato attraverso la deviazione mentale del Nu Metal... sono pazzo? Maybe.
"Left Behind" è brutale, con una brama di rivalsa che trasuda da ogni nota. Melodica al punto giusto, è uno dei tasselli principali del mosaico "Iowa".
La poco ambita palma di pezzo più debole dell'album spetta a "The Shape", che con i suoi controcanti puliti e la poca incisività non decolla praticamente mai.
Giusto per ricordare che il rifiuto e l'abbandono sono tra le tematiche principali qui trattate, ecco servita "I am Hated"; anche qui siamo di fronte ad una traccia non esaltante, ma sarei crudele e poco obiettivo nel considerarla un semplice filler.
Caracollante e malata, "Skin Ticket", non fa altro che aumentare la dose di disperata misantropia che attanaglia la Band.
La groovy "New Abortion" è un'altra ottima composizione, da annoverare fra le più significative dell'album.
Ad "Iowa", preceduta dalla piuttosto lineare "Metabolic", spetta il compito di concludere il platter.
Un quarto d'ora all'insegna della desolazione; dilatato e psicotico.
Degna chiusura di un'opera compatta e coerente, che fa della rabbia repressa la propria arma principale.
A mio parere la cosa migliore concepita dagli Slipknot fino ad ora.
A cura di Manuel "Sentenced82" Buttaci