E' quantomeno pittoresco osservare come le poche band che il Brasile ha esportato in tutto il mondo suonino metal estremo, tendenza che stride con le immagini di sole, spiagge, avvenenti ragazze in costume e tutto l'imaginario propinatoci dai vari depliant delle agenzie di viaggi. Tuttavia quelle poche band che sono riuscite a oltrepassare i confini nazionali (mi vengono in mente Sarcòfago e Sepultura) hanno lasciato il segno, scrivendo pagine importanti e fungendo spesso da punti di riferimento per tutta la scena estrema mondiale.
I brasileri Ophiolatry probabilmente non sono destinati ad avere la stessa sorte, ma di certo meritano almeno un ascolto da parte di tutti gli estimatori dell'oltranzismo sonoro più spinto: questo terzetto infatti propone un death/grind (ma in Brasile ce l'avranno un gruppo power o uno glam?!?) violentissimo, sfrontato, che in "Transmutation" martoria i timpani dell'ascoltatore per tutta la durata del disco. Gli unici momenti di respiro vengono dati da "Variações 1" e "Prelùdio no.4", un intermezzo e una outro dal sapore classico/jazzistico che spiazzano data la loro enorme distanza in termini musicali dal resto del disco. Tutto il resto è un massacro: batteria ipertriggerata che martella senza sosta, talvolta resa ancora più violenta dall'utilizzo di sample elettronici, con chitarre che propongono una serie di riff veloci, incalzanti che sembrano fare a gara con la batteria nel tentativo di superarsi l'un l'altra in velocità, mentre il growl di Antonio Cozta interviene a completare il quadro, chiudendo così il cerchio di questo "Transmutation". Non aspettatevi grandi variazioni sul tema: gli Ophiolatry propongono sedici pezzi tiratissimi, tutti basati su un costante martellamento perpetrato da una batteria il cui scopo è principalmente quello di sfondarvi i timpani. Quando si dice "l'impatto è tutto"...peccato che questo approccio alla fine della fiera penalizzi il disco, che per forza di cosa finisce per suonare troppo ripetitivo ed uguale a sè stesso, con il rischio che gli ottimi episodi come "Parricide", "Transmutation" o la distrubante ed industrialeggiante "Sub-Race" finiscano per passare inosservati nel complesso. Probabilmente sarebbe stato meglio tagliare qualche pezzo, perchè così com'è adesso, questo disco va preso a piccole dosi per poter essere gustato in maniera decente.
In ogni caso, un buon prodotto che potrebbe interessare agli amanti del death/grind o di gruppi come The Berzerker.
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