Dopo aver rifondato gli Electric Wizard in maniera più solida e professionale, il chitarrista/cantante Jus Oborn sembra ora deciso a riallacciare i ponti col passato musicale della propria band. Perlomeno è quello che si evince dal nuovo lavoro, lontano dalle pesantezze metalliche del precedente “We live” e più in sintonia con la produzione degli esordi.
Gli inglesi rispolverano le caratteristiche cavalcate ultra-heavy, i massicci intrecci di linee doomeggianti e code psichedeliche, modulo peraltro ripreso da una miriade di imitatori. Rispetto agli ingegnosi cloni, Oborn e soci vantano però una sorta di primogenitura nell’ambito di questa particolare nicchia. Così il loro prevedibile arsenale di mammouth-riffs, atmosfere allucinate e spirali lisergiche riesce ad essere sempre convincente rispetto alla media dei concorrenti.
Nelle mani sbagliate infatti, l’incedere mortifero e sfibrante della title-track o le ossessive ripetizioni di “Satanic rites of Drugula” rischierebbero di apparire soltanto noiose cantilene narcolettiche. Invece i britannici condiscono la loro musica con attitudine da sinistro culto pagano, mischiando nel calderone vibrazioni ossianiche e fumi tossici, angoscia depressiva e stupore orrorifico, e così via fino ad ottenere un caratteristico sound monolitico e stralunato. Il disco è magmatico e ridondante, esasperazione di elementi Sabbathiani e di sprazzi acidi settantiani, illuminato dalle dilatazioni della lead di Oborn fino all’esplosivo vortice conclusivo di “Saturnine”.
Difettano ancora alcuni eccessi di misura, vedi le stucchevoli declamazioni di “Torquemada 91”, oltre ad una certa monotonia delle fasi vocali ed alla parsimonia di situazioni più compatte ed aggressive, concentrate nella massiccia “Dunwich”. L’impressione finale è comunque quella di una band che ritrova la sua dimensione più efficace, riuscendo ancora a distinguersi nell’affollamento di nomi privi di vera personalità.
Difficilmente gli Electric Wizard potranno tornare ai giorni di “Supernaut” ma il presente disco è comunque un passo in quella direzione, sufficiente a ribadire lo status di riverita cult-band nel filone psycho-doom.