Di nuovo nei dintorni del virtuosismo per chitarra con questo "Plectrumhead" di Edward Box, ma questo mese reggere il confronto (inevitabile) con il disco di Dave Martone sarebbe dura per nomi anche più blasonati del suo. Mi suona nuovo anche il nome di Box, e non avendo note biografiche al riguardo presumo sia il suo primo album. A differenza di "A Demons Dream" ci troviamo al cospetto di un buon cd, ma piuttosto d'ordinanza. Edward Box sa suonare eccome, ma a mancare sono le doti compositive e quel quid che fa sì che il disco non si perda nell'affollato marasma di anonimità che pervade tante produzioni di questo segmento musicale. Prendete "Blue Skies Above" ad esempio, è rubata pari pari dal Satriani più blueseggiante del disco omonimo. La title track si orienta su un tipico fraseggio malmsteeniano, alla ricerca della scala eseguita più veloce delle luce. Niente di nuovo all'orizzonte. Sulla falsariga si agitano anche tracce come "Stratosphere" (molto meglio quella degli Stratovarius!) e "Closer", migliaia e migliaia di note suonate di fila su basi tutto sommato piuttosto anonime. Se si staccassero dal contesto dei brani gli assoli di chitarra, il disco non sarebbe poi neanche male, ma le fondamenta sono davvero un pò povere: la sezione ritmica funge spesso solo da semplice contraltare alle svisate chitarristiche del leader, con il deprecabile risultato di dare una sensazione di staticità piuttosto elevata (leggasi "130R"). Inutili poi degli inserti come "Frequencies" o "Requiem", neanche in minuto in totale fra le due, francamente non ne ho capito il senso. Il meglio di sè comunque Box lo da in brani più rilassati ed atmosferici come "Reflections" e "So Glad" dove la sua Fender Stratocaster ha la chance di lanciarsi in caldi fraseggi melodici di stampo bluesy e palesa l'influenza di chitarristi dal tocco vellutato come il divino Joe Satriani.
E' comunque troppo poca la carne al fuoco per convincermi che "Plectrumhead" sia un buon disco, per carità ben suonato e registrato e tutto quello che volete, ma non basta far viaggiare le dita sul manico della chitarra a duecento all'ora e buttare lì qualche riff blues per produrre un bel lavoro. Di album così ne escono a bizzeffe. Il voto che leggete sotto è puramente didascalico, ritenetevi liberi di levare pure mezzo punto.
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