Nientemeno che la voce di Christopher Lee battezza il debutto dei Convoy, provenienti da Budapest, formazione che testimonia di come il germe dell’heavy alternativo si stia lentamente diffondendo in ogni parte del mondo. Gli Ungheresi sono però ancora alla ricerca di una label, visto che la Psychedoomelic cura solamente la distribuzione in Europa dell’autoprodotto “Possibilities”.
Il gruppo può essere inserito nel filone dello stoner melodico, in parte robuste ritmiche hard settantiane, in parte languide pennellate di grunge, sensibili vibrazioni progressive, molta eleganza esecutiva, vocals trasparenti ed armoniose, una generale rilassatezza per un sound che punta più sull’atmosfera ad ampio respiro che sull’impatto monolitico, uno stile che scendendo più nel dettaglio ricorda parecchio i canadesi Sea of Green, gli australiani Thumlock, ed alcune cose dei grandissimi Mammoth Volume.
Brani estesi ed articolati, con numerose sfaccettature e qualche chiaroscuro.
Certamente in alcuni episodi l’influenza emozionale alla Alice in Chains è sin troppo marcata, con la conseguente caduta di tensione nervosa, è il caso dell’opener “Frann’s tears” e della ballatona romantica “Let it breathe”, che pur impreziosita da un innesto quasi folk-medievale, si trascina con un po’ di stanchezza. C’è un’altra canzone acustica e sentimentale,”Alanis”, con un fine respiro pop-oriented e, pur anch’essa troppo dilatata, si può considerare sufficentemente riuscita.
Direi comunque che i Convoy risultano maggiormente efficaci quando passano a trame più robuste con qualche leggera vibrazione psichedelica, mantenendo la loro particolare linea pulita ed un po’ malinconica. Buone “A song about..” e “Pure”, già presente nella antologia “Out of focus vol.1”, con quell’alito progressivo che, come detto, ricorda i Mammoth svedesi. Discrete “Fragments” e “A long goodbye”, orecchiabili e catchy, di rilievo nella seconda il riff circolare posto nel finale. La migliore in assoluto, per me, “Sunspot city” dove il gruppo accellera il ritmo ed inserisce assolo ed hammond ispirandosi all’hard rock della tradizione. Valida anche la conclusiva “Relief” nella quale torna ad imporsi una versione modernizzata dello stoner alla maniera dei The Last Drop.
Polemicamente potrei dire che un album fresco e piacevole come “Possibilities” se appartenesse ad altri generi heavy sarebbe incensato come nuovo “fenomeno”, ma gli appassionati degli stili alternativi sono più parchi nei giudizi per cui affermo che si tratta di un lavoro dignitoso e sicuramente promettente. Non inventano nulla i Convoy, ma offrono un album che non sfigura nella media del settore ed in futuro cresceranno ancora se qualcuno darà loro fiducia.
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