Seems like yesterday…
Sono già passati trent’anni, da quando un biondo e dotatissimo singer, tale
David Coverdale, metteva in piedi i David Coverdale’s Whitesnake, dopo un periodo alla corte di sua maestà Ritchie Blackmore. Trent’anni, in cui la band ha attraversato alti e bassi, conosciuto momenti di buio quasi totale o di fulgido splendore, cambiato più line up loro che mutande io… E così, il 2008 ci consegna i Whitesnake Mark XIX, e un nuovo disco, tutto da ascoltare…
“Good to be bad”, giusto per togliere subito l’impaccio, è un gran bel disco. Un lavoro dalla produzione stellare, suonato da una line-up di fenomeni, con un David Coverdale più maturo, saggio, intelligente nel saper dosare la sua inconfondibile voce, a seconda del mood del brano. E così, ne vengono fuori 11 tracce davvero belle, in cui il vostro “anthemometro” si alzerà di parecchio, in cui i riffs sono veramente strabilianti per bellezza e capacità di coinvolgimento, in cui non una nota sembra fuori posto, a cominciare dall’opener
“Best Years”, potente mid tempo con un gran ritornello.
Ma vi assicuro, affezionati lettori di Eutk, che potreste prendere alla cieca, e beccare canzoni davvero superlative, una via l’altra: amerei citare, per dovere di cronaca, la ‘Slip of the Tongue-style’
“All I Want All I Need”, con un gran chorus; il meraviglioso riff d’apertura di
“Can you hear the Wind Blow”, la trascinante
“All for Love”, dall’immenso potenziale radio; la lenta e rilassata
“Summer Rain”, dove l’espressività della voce di David raggiunge i massimi picchi di questo lavoro.
Possiamo andare avanti, ma credo che il discorso sia chiaro:
“Good to be Bad” è un discone, come si diceva una volta. Da avere, se amate ancora emozionarvi sull’onda di una bella canzone hard rock. The Gods are back!
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