Sesto episodio sulla lunga distanza per gli
Edenbridge, power/symphonic metal band austriaca, capitanata dalla vellutata voce della bella
Sabine Edelsbacher. E, come annunciato dalle interviste che hanno preceduto questo album, il suddetto è decisamente uno dei più ‘muscolosi’ della discografia della band. Sono proprio le chitarre, infatti, a farla da padrone su questo nuovo
“My Earth Dream”, regalando riffs molto appesantiti e rocciosi, spalmati in giro per (quasi) tutte le 10 tracce di questo nuovo lavoro.
Un lavoro, come spesso accade, che ci tocca recensire con la ‘deliziosa’ aggiunta del voice-over su molti brani, una cosa davvero fastidiosa… tant’è.
Il nuovo album parte bene: dopo un’introduzione sognante e delicata, affidata a
“The Force Within”, la band si presenta con
“Shadowplay”, cadenzato up tempo disegnato dalle pesanti chitarre della nuova coppia Lanvall-Frank, e, come sempre, incorniciato dall’ugola d’oro di Sabine. La quota sinfonica, come si evince dai primi passaggi, non è affatto relegata a mero sfondo; tutt’altro, questa volta i ragazzi si avvalgono della
Czech Film Orchestra per completare la palette di colori che drappeggiano il nuovo disco.
I brani scorrono via piacevoli e ‘indolori’, invero senza nessun particolare sussulto; una sterzata verso la delicatezza si ha nella bella
“Whale Rider”, brano sottile ed etereo in cui Sabine può sciorinare le sue doti interpretative.
La conclusiva
title-track, infine, è una lunga suite di 12 minuti e passa, composta da 6 parti che, a volte, sembrano fare un po’ fatica ad incastrarsi l’una nell’altra, rendendo lo svolgersi della narrazione musicale talvolta forzato.
Sono, comunque, particolari che riguardano i gusti soggettivi dell’ascoltatore. Un genere come il symphonic/power metal, di cui gli Edenbridge sono tra i massimi esponenti, ha sempre una ‘spada di Damocle’ sulla testa, cioè quella di soddisfare o meno la nutrita schiera di fans, equamente divisi tra coloro che prediligono la faccia più melodica della band, e chi invece gusta con più piacere piccoli inserti orchestrali su una base più dichiaratamente metal. “My Earth Dream” può essere considerato un piacevole tentativo di mediazione, seppur, come precedentemente affermato, di certo non c’è da gridare al miracolo.
In fondo, il discorso fatto poco tempo addietro per i Kamelot si adatta perfettamente anche agli Edenbridge: un disco come questo ha un obiettivo preciso, quello cioè di fidelizzare maggiormente la nutrita fan-base, tentando qualche strizzatina d’occhio verso le zone limitrofe, ossia il power e/o il prog. Di certo, il risultato finale risente spesso dell’esperienza e della cifra stilistica messa sul piatto. E quanto a stile e tecnica, gli Edenbridge stanno al sicuro dietro un robusto paravento.
Consigliato, insomma, o no? Decisamente si,
“My Earth Dream” è un bel disco, godibilissimo dalla prima all’ultima nota, innovativo quanto i rintocchi di un campanile dell’800, ma non per questo meno affascinante.