Per il terzo album, gli statiunitensi Arsis fanno il salto di qualità, almeno per quel che riguarda l'etichetta, e approdano nel roster della Nuclear Blast. Devo essere sincero e ammettere che prima di doverli recensire non avevo mai sentito parlare di questo quartetto americano. Ma dopo svariati ascolti posso dire invece con quasi assoluta certezza che di questo gruppo in futuro si sentirà parlare parecchio.
Qual è la proposta musicale degli Arsis? Non è facile da descrivere a parole ma, immaginate di mettere in un ideale "frullatore musicale": gli albori del death melodico quando ancora la ruffianaggine non faceva parte del genere (At The Gates, In Flames e Dark Tranquillity fino al 1995 per intenderci); il death di matrice ipertecnica (l'esempio più vicino a quello che troverete qui sono i Necrophagist); un po' di black alla Dissection; assoli al fulmicotone; una spruzzatina di thrash e, infine, una goccia di modernità. Frullate, mescolate bene e quello che verrà fuori è esattamente quello che troverete su questo disco. Occorre precisare immediatamente che il risultato è lungi dall'essere un collage delle influenze citate in precedenza. Le canzoni sono omogenee e tali influenze sono riscontrabili solo focalizzando l'attenzione su un passaggio, uno strato del tessuto sonoro che, prima ancora di averci dato il tempo di identificare cosa ci ricorda, sarà scomparso, inglobato dalla dinamicità del pezzo.
Il risultato è molto buono, un'unione tra vecchio e nuovo, che riprende lo spirito originario del death melodico e lo attualizza sia con soluzioni ipertecniche che facendo tesoro delle innovazioni portate avanti in un decennio di metal estremo. Rappresenta una strada alternativa a cui potrebbe essere giunto il death melodico moderno se non avesse inglobato soluzioni 'core e non avesse ceduto alle tentazioni di ritornelli ruffiani. Una strada che si allontana anni luce da quella scena ingolfata da tempo e che cerca di dare nuova linfa vitale a un genere altrimenti destinato a rinchiudersi in stilemi triti e ritriti, riproposti talmente tante volte da risultare privati della loro stessa bellezza.
Molto buono dicevo, ma non esente da pecche. Prima su tutte forse una voglia troppo grande di stupire che fa sembrare alcuni passaggi leggermente forzati, poi c'è una batteria che ogni tanto adotta soluzioni non troppo azzeccate e infine c'è la produzione. Essa risulta buona nell'intenzione di ritornare a quando nel tessuto sonoro si poteva ancora identificare un vuoto - quel vuoto spazzato via dalle produzioni sature e compresse che vanno per la maggiore ultimamente - ma purtroppo il risultato non è per niente memorabile.
In conclusione un prodotto non perfetto, ma con difetti marginali se paragonati alla speranza che il gruppo ci regala: quella di vedere il death melodico tornare a stupire ed esaltare dopo un periodo di stasi. Se amate la melodia e la potenza, se non avete bisogno di voci clean o ritornelli ruffiani, se vi piace essere sorpresi dalla tecnica dei musicisti, buttatevici a pesce, non resterete delusi!