Copertina 6

Info

Genere:Prog Rock
Anno di uscita:2008
Durata:65 min.
Etichetta:Frontiers Music

Tracklist

  1. NEVER AGAIN
  2. NOTHING'S FOREVER
  3. HEROINE
  4. SLEEPING GIANT/NO WAY BACK/REPRISE
  5. ALIBIS
  6. I WILL REMEMBER YOU
  7. SHADOW OF A DOUBT
  8. PARALLEL WORLDS/VORTEX/DEYA
  9. WISH I'D KNOWN ALL ALONG
  10. ORCHARD OF MINES
  11. OVER AND OVER
  12. AN EXTRAORDINARY LIFE

Line up

  • Steve Howe: guitars
  • Carl Palmer: drums
  • Geoff Downes: keyboards
  • John Wetton: bass, vocals

Voto medio utenti

Quando la line-up originale degli Asia si è riunita nel 2006 per un world tour erano davvero in pochi a scommettere che di lì a poco la storica band inglese sarebbe tornata in studio per del nuovo materiale. Dopo il grande successo (più di pubblico che di critica a dire il vero) e i 10 milioni di copie vendute al loro esordio nel 1982 con l’album omonimo, la superband formata da Steve Howe, John Wetton, Geoff Downes e Carl Palmer, ovvero un pezzo di storia del rock mondiale, ha vivacchiato per una ventina di anni, soprattutto dopo che le stelle Howe, Wetton e Palmer hanno abbandonato di volta in volta la band, decretandone l’inevitabile parabola discendente.

A 25 anni dal loro esordio dunque, Geoff Downes, il solo rimasto fedele nel tempo al progetto, ha richiamato i suoi vecchi compagni per dare alle stampe il tanto atteso successore del controverso ”Alpha” (1983) fino ad oggi ultima testimonianza della band nella sua formazione originaria. Fin dalla copertina “vintage” disegnata da Roger Dean (che aveva curato per la band anche gli artwork dei primi due lavori) si capisce che questo Phoenix rappresenta un autentico ritorno a quel passato pomp/AOR che fece degli Asia una delle formazioni più acclamate dei primi anni ottanta.
Francamente, lo dico con il dolore nel cuore di chi come me ha sempre adorato quanto fatto da questi mostri sacri nelle loro band passate (Yes, Elp, King Crimson), questo Phoenix non mi ha convinto granché.

A parte la pregevole opener “Never Again” nella quale i fraseggi di chitarra di Howe si amalgamano alla perfezione con le ruffiane keys di Downes, più si avanza nell’ascolto e più sembra che con questa nuova release la band sia andata alla disperata ricerca del sound delle origini, trascurando notevolmente la qualità del songwriting e la freschezza delle composizioni. Nonostante discreti episodi quali “Nothing’s forever”, “Heroine” e la trascinante suite “Sleeping Giant / No Way Back / Reprise” che ci rivela (finalmente), grazie a piccoli ma significativi passaggi, l’anima prog del gruppo, il livello generale comincia a rivelarsi incerto soprattutto con pezzi come “Alibis”, “I will remember you” e “Shadow of a doubt” nei quali emergono in modo preoccupante la scarsità di idee e la piattezza degli arrangiamenti. Dopo la noiosetta seconda suite “Parallel Worlds / Vortex / Deya”, le successive “Wish I'd Known All Along”, “Orchard of Mines” e “Over and Over” evidenziano la scarsa vena di Howe e Palmer quasi mai in grado di incidere davvero: tocca allora alla voce di Wetton – stupenda come sempre nonostante il triplo by pass – salvare la baracca e tenere alto il nome del supercombo britannico.

L’atto finale spetta a quella “An Extraordinary Life” che è un po’ lo specchio dell’intero album: song onesta, ben suonata ma dal refrain fin troppo banale e scontato.
A fronte delle tante reunion degli ultimi anni in cui il leit-motif era il più delle volte il dio denaro, un album così old-fashioned e poco incline ai compromessi modaioli da classifica sembra sgombrare il campo da ogni dubbio sulla genuinità e onestà di questo atteso come back. Onestà e genuinità che purtroppo sembrano pregi isolati. Sufficienza honoris causa.
Recensione a cura di Filippo Lazzerini

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